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POGGIBONSI

Poggibonsi, i ”ragazzi” del 1943 raccontano l’orrore dei bombardamenti agli studenti della media

18 Febbraio 20163 minuti di lettura
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scuolamediamarmocchi-bombardamenti650Dite sempre no alla guerra. È la frase che ha colpito i ragazzi della 3B e 3E della scuola media “Marmocchi” dell’Istituto comprensivo 1 di Poggibonsi che hanno partecipato ad una lezione di storia vissuta della loro città.

Cinque testimoni dei bombardamenti di Poggibonsi del 1943, Angelo Travagli, Bruno Bruni, Anna Zani Poggiali, Lucia Pratelli Magni e Abramo Barucci, hanno raccontato la loro esperienza di ragazzini più o meno coetanei di coloro che li stavano ad ascoltare. Ed è stato un racconto di dolore, di orrori anticipato da filmati tratti dagli archivi storici con i bombardamenti e il passaggio del fronte e da immagini che comparano la Poggibonsi di quegli anni, 8mila abitanti nel capoluogo e 14mila in tutto con le campagne molto abitate, con l’evoluzione che ha avuto fino ad oggi.

Nei ricordi di bambini “guarda le bombe sembrano pere che cadono”, ricorda Lucia Pratelli quasi a sdrammatizzare una atrocità che avrebbe accompagnato loro per tutto il resto della vita. “Quando ci fu il primo bombardamento ero a giocare con le bolle di sapone con un altro bambino. All’improvviso venni presa per un braccio e portata via. Non capivo che succedesse, non mi sembrava di aver fatto niente di male”. Abramo Barucci ancora piange nel ricordare la morte del babbo, sotto i bombardamenti del 29 dicembre 1943. “Mentre arrivavano gli aerei, babbo mi disse di attaccare la cavalla al barroccio e di portare via con la famiglia, la mamma, le sorelle, la zia. Nel salutarlo gli dissi “addio babbo” e lui quasi si arrabbio, “addio si dice a chi non ritorna”. E davvero non l’ho più rivisto, morì poco dopo preso in pieno da una bomba davanti al Politeama, mentre andava verso la stazione. Mi è rimasto solo un brandello di vestito”. E l’orrore è ancora nelle parole di Lucia Pratelli, “all’uscita dal rifugio, un amico di mio fratello venne ucciso e ho ancora davanti a me i suoi occhi celesti spalancati”. Ci sono i ricordi di pasti frugali, “si mangiava sempre la farinata, ma era sciocca e a me non piaceva”, racconta Angelo Travagli, oppure “ho visto il tetto della chiesa di San Lucchese bruciare per quasi due giorni”, rivive Bruno Bruni.

Durante l’incontro, i ragazzi guidati dalle professoresse Elisabetta Bazzetta e Silvia Cortigiano, hanno ascoltato e fatto domande, e hanno anche suonato brani patriottici e dell’epoca. E hanno attinto speranza da tramandare loro stessi da chi ha superato la guerra e ha ricostruito la città. “Dopo i bombardamenti, il 98% degli edifici di Poggibonsi era inabitabile. O era stato distrutto o venne dichiarato inagibile dal Genio. I poggibonsesi si rimboccarono le maniche, ripulirono i mattoni, e ricostruirono. Pochi anno dopo Poggibonsi era già un importante centro industriale e 2.500 operai venivano qui a lavorare. È davvero un orgoglio essere poggibonsesi”.

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