“Sul piano politico era giusto che il partito democratico facesse la sua relazione, per evitare che la nostra responsabilità venisse diluita nel contesto di un’unica relazione. Il pd ha fatto e deve continuare a fare una spietata analisi in senso autocritico rispetto al ruolo avuto da molti dei suoi dirigenti, spesso in accordo o in relazione dialettica con i vertici nazionali”. Lo ha sottolineato il vicepresidente della commissione d’inchiesta Mps Leonardo Marras, capogruppo Pd, nella sua relazione sulla vicenda Mps, che ha ricordato i limiti operativi del lavoro svolto.
Secondo il consigliere, ferma restando la natura, i poteri e le prerogative della commissione di inchiesta consiliare, “Chi è stato convocato e non è venuto avrà avuto i suoi motivi, ma ha comunque sbagliato”.
“Un altro limite della commissione è quello di non poter entrare in campo come inquirente – ha aggiunto Marras – Non siamo la magistratura né il tribunale, possiamo dare forza al nostro lavoro solo se esprimiamo giudizi politici. Non abbiamo elementi per dire che tutto ciò che è avvenuto è frutto di intrigo. Nessuno però nasconde che nel mondo ci siano grandi poteri che cercano di deprimere la volontà dei popoli e certamente succede quando si tratta di un grande soggetto che ha una vocazione internazionale come Mps”.
A suo parere è necessario “fissare bene le responsabilità del management, dei politici, di un sistema che doveva controllare e non l’ha fatto”. “La riforma bancaria unita all’elezione diretta dei sindaci ha messo in mano un potere enorme al territorio – ha aggiunto – È stato questo che ha determinato un forte controllo della politica, comune a tutte le forze, anche recenti”.
Il vicepresidente della commissione ha concluso con un invito a guardare avanti. “Avevamo una città autonoma e indipendente che non aveva bisogno della Toscana – ha affermato – Avevamo un’economia che aveva costruito il suo benessere grazie ad una presenza che è tre volte superiore al resto del sistema bancario toscano. Rischiamo di non avere più questo saldo fratello dell’economia toscana. Dobbiamo pensare a come possiamo adoperarci perché il sistema bancario possa continuare ad alimentare lo sviluppo dell’economia toscana”. Non solo. “Siamo di fronte alla più grande azienda della Toscana, con ventisettemila dipendenti – ha aggiunto – Dobbiamo difendere questa forza lavoro”.
“La mancanza enorme sta in chi doveva controllare, magistratura e Banca d’Italia”. Così interviene nel dibattito il portavoce dell’opposizione Claudio Borghi (Lega Nord). “Si tratta di una storia – ha detto Borghi – che al momento non ha visto colpevoli e questo è segno di una grave deficienza dei sistemi di controllo della Regione, del sistema bancario, dello Stato”. “Come fanno – si è domandato Borghi – a sparire 40 miliardi e non avere almeno un’ala di carcere piena di gente responsabile per questo?”. Borghi ha ricordato che “sulla questione Antonveneta non si volle indagare”, nonostante l’esposto di Lega Nord nel 2008. Il portavoce ha evidenziato le responsabilità di chi attuò questa operazione, dell’opposizione che non fece notare le anomalie, della magistratura e infine, “la responsabilità clamorosa di Bankitalia, che non vigilò e che avrebbe dovuto impedire l’acquisto della banca”.
“Stanno pensando di fare una conversione in azioni, con un inevitabile azzeramento del loro valore – ha concluso Borghi – A pagare è chi non c’entrava nulla”. “La soluzione della vicenda è la nazionalizzazione – ha aggiunto Borghi- l’alternativa è quella di far pagare i risparmiatori. Dovrebbero pagare Banca d’Italia e BCE, invece si è deciso che queste cose le sistemiamo con decisione politica”.
In conclusione, “dov’erano i guardiani, dov’erano i controlli? Tutti hanno dormito anche in presenza di denunce per cui quello che emerge qui è che ci sono carenze gravissime nel nostro sistema. Adesso è necessario trovare i responsabili e dare punizioni esemplari a chi non ha vigilato per assicurae i cittadini e far capire che non saranno loro a pagare”.– Secondo Tommaso Fattori (Sì – Toscana a Sinistra) “le priorità oggi sono date dalla necessità di nazionalizzare Mps, risanarla, fare finalmente le riforme del sistema bancario, far partire una commissione di inchiesta parlamentare”. Fattori ha rilevato che “il cuore del problema sta nel fatto che Mps è stata usata come un bancomat, sta nell’elenco di coloro che hanno preso miliardi dalla banca senza restituirli”, ma che “ancora oggi si continuano a fare errori e a spingere la banca verso il baratro, e ovviamente a pagare saranno gli azionisti e i risparmiatori”. “Mi sembra un fatto gravissimo – ha aggiunto il consigliere – che il presidente del Consiglio Renzi si faccia dettare la linea per il futuro della terza banca italiana da J.P. Morgan. Serve una nazionalizzazione di Mps, perlomeno temporanea. Una scelta del genere è già stata fatta da Obama negli Usa, e per banche tedesche e del Regno Unito. C’è la possibilità di agire, una finestra che permette un accordo con l’Unione europea. Invece si sta spingendo la banca verso il bail in, per poi regalarla a prezzo stracciato a qualche investitore straniero”.
“La storia di Mps racconta la storia di un partito che vuole controllare integralmente le attività dei territori su cui governa, è prima di tutto un problema di impostazione culturale e politica” ha osservato Stefano Mugnai (Forza Italia). “I cittadini rimangono attoniti rispetto alla completa impunità di cui godono i responsabili di questa vicenda – ha aggiunto Mugnai -. E’ clamoroso che nessuno sia chiamato a rispondere di un disastro come questo”. E, ha avvertito il consigliere, “è estremamente pericoloso che tutte le scelte del governo riguardo a Mps siano posticipate. Si stanno perdendo settimane preziose e questo sicuramente avrà un costo, a fare le spese di ciò come sempre saranno i correntisti”.
“La responsabilità politica del Pd è oggettiva e la nuova classe dirigente di questo si è fatta carico”. E’ questo il giudizio di Stefano Scaramelli (Pd), per il quale “il passaggio cruciale sta nel governo diretto del credito da parte della politica, fatto questo avvenuto non solo a livello locale ma anche nazionale”. E’ emerso, inoltre, che “la Regione Toscana e il Consiglio regionale non hanno svolto quelle che erano le loro funzioni in questa vicenda”. Scaramelli ha commentato che “la Fondazione ha commesso errori incredibili, fra cui quello di partecipare all’aumento di capitale quando non c’erano prospettive chiare per la banca. Così sono stati bruciati milioni di euro, mentre oggi la Fondazione avrebbe potuto essere primo azionista, un socio stabile legato al territorio”. E la responsabilità di questo, ha concluso il consigliere, “è in primo luogo di chi governava il territorio”. Per Scaramelli “la soluzione proposta dal governo è positiva. Bisogna guardare alla risoluzione del problema e non alla speculazione politica”.
Simone Bezzini (Pd) ha ricordato che le conclusioni a cui si è giunti con il lavoro della Commissione “non sono lontane da quelle autocritiche, e alla conseguente svolta in discontinuità, fatte dalle istituzioni elettive senesi dal 2011. Autocritiche sicuramente tardive, ma che hanno portato a drammatiche battaglie politiche”. Secondo Bezzini c’è stata una miscela esplosiva composta da errori del management, da una crisi generale che ha amplificato gli effetti di questi errori, dal procrastinare scelte “che hanno prodotto un’elevata concentrazione del rischio”. “Ma in quest’ultimo caso – ha aggiunto il consigliere – le responsabilità non sono state solo del Pd e non solo della politica locale, perché non è stata solo la politica a essere coinvolta nella formazione della classe dirigente. Il Pd ha chiesto scusa, altri soggetti dovrebbero fare altrettanto”. Adesso, ha concluso Bezzini, rimangono alcuni interrogativi a cui rispondere, riguardo all’operazione Antonveneta e Banca 121, ma anche “se vi sia stato un costo aggiuntivo dovuto all’approccio sistemico avuto dalla banca”.
Giacomo Giannarelli (M5S) ha sottolineato che “abbiamo ricostruito un mosaico che ci fa puntare il dito contro un intero sistema, contro un intreccio diabolico che porta i risparmiatori a essere sempre le prime e le vere vittime”. “Per questo – ha detto il consigliere – abbiamo chiesto a gran voce ‘fuori i nomi’, fateci avere la lista di chi ha preso i soldi e non li ha restituiti, dei responsabili di quei 47 miliardi di crediti deteriorati. Ma questi nomi non saltano fuori”. “Pretendiamo discontinuità, onestà, terzietà e trasparenza – ha commentato ancora Giannarelli -. Invece Morelli non è idoneo a ricoprire il ruolo, e ci domandiamo perché Renzi lo abbia voluto. Banca Italia lo ha multato nel 2013 per un’operazione legata a Banca Antonveneta. Non possiamo permetterci che si continuino a fare favori a J.P. Morgan, chiediamo che Morelli faccia un passo indietro e che si affronti la questione Mps con strumenti diversi rispetto al passato”.
Intervento di Tommaso Fattori, Consigliere regionale di Sì Toscana a Sinistra, durante il dibattito sulle relazioni finali della commissione d’inchiesta in merito alla Fondazione e alla Banca Montepaschi di Siena e i rapporti con la Regione Toscana. “Siamo davanti a un sistema bancario interamente privatizzato che fa acqua da tutte le parti, all’incapacità della politica di fare le riforme necessarie, partendo dalla sacrosanta separazione fra banche d’investimento e banche commerciali.
La chiave della vicenda MPS, da cui si dovrebbe inevitabilmente partire, è prima di tutto l’elenco dei nomi di chi ha intascato denaro e non ha poi restituito i prestiti, ma nessuna responsabilità è stata finora accertata, così come non è stata attivata una commissione d’inchiesta parlamentare: quindi l’evidenza dell’incapacità dei controllori di controllare e di individuare responsabili e colpevoli.
Il problema è che la vicenda non è per niente chiusa, si sono compiuti errori e disastri, e si continua a compierli”. “Le stesse forze politiche che, con pratiche consociative, hanno utilizzato MPS come un bancomat, generando così una montagna di crediti inesigibili, e che hanno coperto e promosso l’acquisto di Antonveneta a un prezzo strabiliante e fuori mercato, oggi stanno avviando il terzo gruppo bancario italiano verso il bail-in, cioè verso il baratro, scaricando tutto su azionisti, obbligazionisti e risparmiatori.
Per evitare questa catastrofe l’unica strada possibile è l’immediata cancellazione, delisting, del titolo azionario dal listino di Borsa, per l’assoluta sproporzione fra valore e capitale a bilancio, e la nazionalizzazione di MPS, cui far seguire un rigoroso risanamento con indirizzi chiari da parte del Parlamento.
Non c’è, infatti, alcuna possibile soluzione sul mercato privato, dove è impossibile trovare i cinque miliardi necessari per la ricapitalizzazione, per non dire dei dieci miliardi necessari per riassorbire i crediti deteriorati: nessuna banca italiana si può permettere l’operazione e se anche Credit Agricole fosse interessato all’acquisizione, gli converrebbe aspettare bail-in.
La strada della nazionalizzazione è stata percorsa negli Stati Uniti Obama con Bank of America, in Gran Bretagna con la Royal Bank of Scotland, e per altre banche tedesche e francesi: mentre i paesi che sono stati colpiti dalla crisi post-Lehman Brothers provvedevano, infatti, a ricapitalizzare le banche, da noi non si è nemmeno abbozzato un piano e si continua con un ostinato pregiudizio ideologico sul ruolo delle Stato”. “Siamo passati in pochi decenni da un sistema prevalentemente pubblico a uno totalmente privato, senza alcun risultato per quanto riguarda il costo dei conti correnti, l’accesso al credito, l’efficienza dei servizi”. “Altresì un sistema sostenuto anche dalla finanza pubblica potrebbe favorire nuove politiche industriali, dallo sviluppo delle rinnovabili alla conversione ecologica delle produzioni, e ridare respiro a particolari settori, stimolando anche la concorrenza col privato.
La nazionalizzazione è anche possibile con le nuove norme europee, attraverso uno specifico accordo tra il Governo e l’Unione Europea che autorizzi l’“intervento pubblico precauzionale”, contemplato dalla direttiva europea “Bank Recovery and Resolution Directive” sulle risoluzioni bancarie – cosiddette bail-in, senza che questo sia considerato aiuto di Stato.
Dobbiamo evitare che al disastro si aggiunga disastro: un esito negativo della vicenda MPS potrebbe fare nuovamente implodere il sistema bancario italiano e scatenare una nuova crisi finanziaria globale”. “La cessione a prezzi di svalutazione dell’istituto senese a un Gruppo estero è una possibilità concreta allo stato attuale e si tratterebbe di un passaggio che, oltre ad assestare un duro colpo alle possibilità di sviluppo del sistema economico toscano e nazionale, significherebbe da subito un grave rischio per gli attuali dipendenti dell’Istituto, circa 24mila unità tra diretti e indiretti a livello nazionale.
Ora quindi il Governo Renzi deve dimostrare di non essere al servizio di JP Morgan, con il cui Presidente Renzi si consulta in incontri poco chiari e trasparenti in nome d’interessi privatissimi”. “Non si possono rimandare irresponsabilmente le decisioni e perdere tempo per non essere costretti a scelte difficili in piena campagna referendaria: Renzi così facendo sarà il responsabile della svendita a prezzi stracciati del terzo gruppo bancario a qualche speculatore straniero, della cancellazione dei risparmi di migliaia di persone e del credito vitale per pezzi della nostra economia”.
Al termine del dibattito è stata presentata, e poi ritirata, una proposta di risoluzione del gruppo Sì Toscana a Sinistra, che chiedeva allo Stato di entrare nell’azionariato di Mps e al Parlamento di istituire una Commissione di inchiesta. Da parte degli altri gruppi è stata fatta osservare l’inopportunità di presentare proposte di risoluzione in aula a seguito del lavoro di una commissione d’inchiesta regionale.