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AGROALIMENTARE ed ENOGASTRONOMIA

La pasta fa storia, tra Camollia e Celle sul Rigo

Dal Trecentesco "lasagnaio" alle donne dei pici, riconosciuti con marchio geografico
17 Febbraio 20233 minuti di lettura
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Le scorte del Santa Maria della Scala a Siena includevano anche la pasta almeno dall’epoca rinascimentale, e in via Camollia a metà del Trecento era aperto al pubblico persino un “lasagnaio”.

Sono due delle evidenze storiche esposte durante “Fatto a mano!”, la prima food lesson di Girogustando svoltasi nella sala Eden di Grosseto per iniziativa di Confesercenti Grosseto e Siena, CAT Confesercenti Toscana, Camera di commercio della Maremma e del Tirreno e Vetrina Toscana, il progetto di Regione e Unioncamere Toscana che promuove ristoranti e botteghe che utilizzano i prodotti del territorio.

Tre, in particolare, sono stati gli eterogenei contributi alla giornata arrivati dalle terre di Siena. Il direttore dell’Archivio di Stato di Siena Cinzia Cardinali, chiamata assieme alla parigrado di Grosseto a trattare dei fondi documentari per la storia dell’alimentazione, ha rinvenuto in un rendiconto cinquecentesco dell’antico Spedale senese l’espressa citazione della “pasta”, a riprova del suo uso corrente per l’epoca.

Tuttavia, tra l’antichità e il secondo Dopoguerra la pasta fresca era piuttosto un alimento di lusso, come ricostruito da Maurizio Tuliani: “per la popolazione, sia i pici che i tortelli erano un pasto da grandi occasioni, e la farina era utilizzata perlopiù per la panificazione, specie se scarseggiava”. Il Ricercatore di storia medievale, autore di una specifica ricerca in vista dell’evento, ha dato conto non solo della presenza della “lasagna” tra le Rime di Cecco Angiolieri, ma anche dell’attività di tale Duccio, “lasagnaio” in via Camollia già nel 1344.

Dal Trecento ai giorni nostri, nella Food lesson di giovedì a Grosseto è stata incisiva la presenza di San Casciano Bagni, e di Celle sul Rigo in particolare. Una delegazione di donne della frazione, che dal 1969 animano la “Sagra dei pici”, ha dato saggio sul posto del peculiare impasto, recentemente accreditato del “Marchio collettivo geografico”.

Con loro era presente anche il sindaco di San Casciano, Agnese Carletti: “Aver depositato un disciplinare specifico a tutela dei Pici di Celle è un punto di partenza. Il nostro obiettivo non è solo salvaguardare una tradizione che risale almeno al 1876, anno di fondazione della Filarmonica di Celle; puntiamo a favorire lo sviluppo imprenditoriale, in sinergia con l’indotto turistico che ci aspettiamo crescente, sulla scia dei ritrovamenti archeologici del Bagno grande”.

Oltre che dei pici di Celle, la food lesson è culminata anche con l’assaggio del tortello maremmano, realizzati da due cuochi del territorio (Sandro Signori dell’Enoristorante il Boccaccio a Gavorrano e Claudio Draghi, di Casa Livia a Grosseto) utilizzando la farina del consorzio Drago e quella arricchita dall’alga spirulina Becagli.

Dopo il qualificato intervento di Roberta Milano (Travel and tourism marketing strategist), all’assessore regionale al turismo Leonardo Marras, sono spettate le conclusioni: “Il cibo è un veicolo primario per la promozione del territorio. Un input che cerchiamo di interpretare anche con Vetrina toscana, una rete di oltre duemila operatori che hanno fatto propria una carta valoriale ispirata all’autenticità, alla sostenibilità e al recupero della tradizione enogastonomica”.

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