I Carabinieri del Comando Provinciale di Siena, nell’ambito di un’indagine avviata nell’agosto dello scorso anno, sono riusciti a disarticolare un sodalizio criminale con base a Napoli, dedito principalmente a truffe ad anziani residenti nell’area Nord e Centro Italia che aveva colpito anche a Siena e provincia.
La banda era dedita anche a truffe ad attività commerciali, alle quali offriva la vendita di pepite e lingotti d’oro sostanzialmente falsi. La prima piccola pepita esibita al “compro oro” o al commerciante di preziosi era autentica ma, una volta concordato il prezzo per la fornitura, i malviventi fornivano partite di oggetti solo rivestiti d’oro, con una consistente percentuale interna in ferro o acciaio. Una parte di questi episodi sono anche avvenuti in Marocco e Tunisia.
Nel corso dell’operazione di oggi, lunedì 24 giugno, che ha visto l’impiego di oltre 100 militari dei Comandi Provinciali di Siena, Napoli, Milano, Brescia, Rimini e Pistoia, sono stati eseguiti a Napoli e Milano 11 dei 12 provvedimenti cautelari, emessi dal GIP del Tribunale del capoluogo senese. Perquisizioni sono state effettuate anche a Brescia, Rimini e Pistoia nei confronti di ulteriori indagati.
I reati contestati dal sostituto procuratore di Siena, Siro De Flammineis che ha coordinato l’intera attività investigativa, vanno dall’associazione per delinquere finalizzata alla truffa o all’estorsione, alla truffa aggravata, al favoreggiamento personale o reale e alla ricettazione con riferimento ai singoli episodi.
Le indagini, condotte dal Nucleo Investigativo di Siena, erano scaturite da alcuni episodi di raggiro avvenuti nel capoluogo senese nell’estate dello scorso anno. I militari dell’Arma, sulla base dei pochi elementi raccolti nell’immediatezza del reato, vista anche la comprensibile emotività delle vittime, avevano posto la loro attenzione su numerose schede telefoniche che erano state utilizzate nei singoli episodi di truffa e intestate a cittadini pakistani. Le schede costituivano parte del ‘modus operandi’ della Banda e venivano utilizzate per la sola specifica esigenza.
Nel corso delle indagini sono stati compiutamente ricostruiti oltre 50 episodi di truffa avvenuti a Siena, Perugia, Milano, Treviso, Gallarate, Domodossola, Bologna, Perugia, Torino, Treviso, Padova, Milano, Napoli, Tivoli (RM) e Lugo di Romagna (RA).
La refurtiva parzialmente recuperata, costituita da gioielli e denaro, ammonta a circa 200.000 euro. In 8 casi, i Carabinieri di Siena hanno fornito indicazioni preventiva ai colleghi per fermare gli autori del reato, tratti in arresto in flagranza o semi-flagranza di reato, ricavando riscontri materiali sulle identità degli appartenenti all’organizzazione criminale e recuperando la refurtiva.
E’ stato individuato anche un importante canale di ricettazione in un appartamento di Milano, zona Crescenzago.
Sono state ricostruite le procedure e i metodi utilizzati per organizzare i colpi contro gli anziani. Dalla “centrale chiamante” di Napoli operavano i promotori ed organizzatori del gruppo criminale che si avvalevano di complici destinati a recarsi nell’area scelta per i colpi programmati, nei quali si muovevano per il corso di una mattinata o di un pomeriggio alla ricerca di anziani da ingannare. I telefonisti operanti da Napoli con schede telefoniche dalla vita brevissima, riuscivano a ingaggiare una vittima con la solita storia del falso incidente stradale e la truffa cominciava a prendere forma.
Spacciandosi per carabinieri o avvocati, raccontavano come un prossimo congiunto delle anziane vittime fosse incorso in un grave sinistro nel quale magari aveva anche ucciso una persona, e che occorreva provvedere a pagare un primo risarcimento dei danni per evitare il carcere.
Ottenuta la disponibilità delle vittime, i malfattori inviavano il “trasfertista”, spacciato per avvocato, presso i domicili degli anziani dove recuperava denaro, gioielli e qualunque valore l’anziano preso di mira tenesse in casa. Le vittime erano prevalentemente donne di età avanzata.
Il raggiro si arricchiva talvolta di un ulteriore elemento. Il telefonista suggeriva alla vittima di chiamare il 112 per avere un riscontro dei fatti fingendo di interrompere la conversazione.
Alla chiamata successiva dell’anziana vittima al numero di emergenza indicato, rispondeva quindi lo stesso interlocutore iniziale o un suo complice, confermando il falso racconto e confermando così nella persona ingannata la convinzione di dover pagare il falso avvocato, che sarebbe passato a ritirare il denaro o i beni destinati al risarcimento dei gravi danni cagionati dal congiunto della vittima.
I telefonisti erano così abili da riuscire a farsi dire il nome del figlio dall’anziana madre ed utilizzarlo per impressionarla maggiormente, ripetendolo con frequenza. Al trasfertista veniva pagato il viaggio di andata e ritorno da Napoli con il treno e, raggiunta la meta, anche il taxi.
In genere, una volta raccolto un consistente bottino, l’uomo rientrava a Napoli o raggiungeva Milano per piazzare il maltolto a dei ricettatori, oppure agli stessi organizzatori del traffico. Ai trasfertisti veniva riconosciuta una quota minore del bottino, in relazione all’opera svolta e al rischio corso.
L’atteggiamento dei capi era particolarmente severo, gli ordini non ammettevano deroghe o contestazioni, pena l’immediato licenziamento. I corrieri si dimostravano particolarmente remissivi e sottomessi nei confronti di chi procurava loro un lavoro, sia pur illecito.
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