In Italia 5 milioni di persone soffrono di diabete o prediabete e il 30-40% è colpito anche da una forma di malattia parodontale, che può comportare un aggravamento del quadro clinico e un peggioramento della salute generale. Si tratta, dunque, di circa 1,5-2 milioni di italiani che convivono sia con il diabete, sia con la parodontite, un’infiammazione del parodonto, ossia dei tessuti che sostengono il dente ed in particolare l’osso alveolare, il cemento che riveste la radice del dente, la gengiva ed il legamento parodontale. Come dimostrano gli studi più recenti, un diabetico ha infatti un rischio 3 volte più elevato di sviluppare un’infiammazione alle gengive o di vederla peggiorare.
Secondo i dati della recente indagine realizzata da GfK per GSK Consumer Healthcare, sono invece 23 milioni gli italiani che soffrono di infiammazioni gengivali e fra loro solo 1 su 2 chiede consiglio ad un esperto.
“La maggior parte dei pazienti non è consapevole della possibile correlazione tra parodontite e diabete – spiega il dott. Alessandro Crea, Docente di Parodontologia all’Università di Roma – La parodontite può far salire l’emoglobina glicata, indice di un peggior controllo glicemico, aumentando così il rischio di diabete. Avviene infatti che, in presenza di parodontite, i batteri del cavo orale attraverso la circolazione del sangue possano raggiungere numerosi organi, innescando pericolose reazioni infiammatorie. La parodontite porta con sé un aumento della produzione di citochine infiammatorie che potrebbero contribuire all’insulino-resistenza, un incremento degli acidi grassi liberi e un calo della produzione di ossido nitrico nei vasi sanguigni”.
Recenti pubblicazioni da parte della Federazione Europea di Parodontologia e dell’Accademia Americana di Parodontologia confermano come i pazienti che sono già affetti da diabete abbiano una probabilità più alta di soffrire anche di parodontite e di rispondere peggio alle cure odontoiatriche, soprattutto se non c’è un buon controllo della glicemia. Questo avviene perché i diabetici hanno una reazione alterata nei confronti dei batteri, fra cui quelli responsabili di gengiviti e parodontiti presenti nella placca che si deposita attorno ai denti; inoltre altri fattori come radicali liberi e citochine possono accrescere l’infiammazione anche a livello dei tessuti parodontali.
“Le malattie gengivali preococi dovrebbero essere prevenute ma proprio la scarsa consapevolezza da parte delle persone di questi disturbi e dei fattori di rischio le rende ancora oggi un grosso problema da affrontare per tutti i dentisti – spiega Steve Mason, Oral Health Medical Affairs Director di GSK Consumer Healthcare – Questi disturbi hanno un impatto potenziale notevole sullo stato di salute della popolazione a livello globale”. Proprio per accrescere la consapevolezza sulla malattia parodontale, infatti, GSK Consumer Healthcare è impegnata a sostenere il progetto ‘Global Periodontal Health Project della FDI World Dental Federation’, iniziativa internazionale volta a ottimizzare le attuali pratiche sanitarie, a ridurre l’impatto delle malattie gengivali sulla sanità pubblica e a migliorare i risultati per i pazienti di tutto il mondo.
La prevenzione parte quindi proprio da una maggiore consapevolezza e da un’attenzione ad individuare sul nascere i segnali “spia”: gengiva che ad occhio nudo appare più gonfia, rossa e con la tendenza a sanguinare, gengiva dolorante e che tende a ritirarsi, aumento di spazi tra i denti, sapore “cattivo” in bocca, alitosi, modifiche dell’occlusione delle arcate dentarie.
Una volta comparsi i primi sintomi, se manca un intervento immediato, il problema progredisce andando a interessare i tessuti più profondi fino all’osso di supporto, che può pian piano riassorbirsi fino a portare alla perdita di uno o più denti. La parodontite comporta inoltre per i pazienti diabetici un peggior controllo della glicemia e un maggior rischio di sviluppare complicanze del diabete rispetto a coloro che non sono colpiti da questo disturbo del cavo orale. In particolare, chi soffre di diabete di tipo 1 ha maggiori probabilità di insorgenza di conseguenze renali e cardiovascolari; nei pazienti con diabete di tipo 2 è più frequente l’insufficienza renale terminale e si ha un rischio 3,5 volte superiore di mortalità cardio-renale rispetto a chi non ha problemi di parodontite.
Prevenire o intervenire sui rispettivi problemi senza sottovalutare il loro legame è quindi un’azione fondamentale: gestire l’infiammazione gengivale con un’adeguata terapia parodontale può infatti aiutare il diabetico a mantenere sotto controllo la glicemia. Riuscirci significa favorire un miglioramento della salute parodontale, in un circolo virtuoso che migliora lo stato di salute complessiva.
“Nel caso in cui venga diagnosticato il diabete, è necessario fare subito una visita dal parodontologo e sottoporsi a un regolare monitoraggio per cercare di intercettare la malattia prima che si manifesti o per cercare di rallentarne o bloccarne lo sviluppo. Basti pensare che in alcuni casi curare la parodontite può migliorare i valori di emoglobina glicata tanto quanto una terapia farmacologica – spiega il dott. Alessandro Crea – Allo stesso modo, una volta rilevato un problema di parodontite, il supporto continuativo da parte di un parodontologo è fondamentale: l’esperto può infatti accorgersi di manifestazioni orali e segni di pre-diabete ancora prima che il paziente ne sia al corrente. Un’accurata igiene orale e costanti visite di controllo e di trattamento della parodontite possono perciò aiutare nella prevenzione e nella diagnosi precoce del diabete”.
È fondamentale quindi portare avanti un’opera di prevenzione quotidiana che parta da un’attenzione costante alla corretta igiene orale, primo strumento per proteggere le proprie gengive e tenere lontani i disturbi gengivali.