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SIENA

Ancora due piantagioni di canapa indiana rinvenute dai Carabinieri di Siena

19 Settembre 20164 minuti di lettura
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Dopo un appostamento durato molte ore i due sono stati colti dai militari mentre accudivano le piante, giunte ormai a maturazione, una delle quali era stata spezzata dai recenti acquazzoni. Una seconda piantagione di 25 fusti di varie dimensioni è stata rintracciata nelle campagne senesi dai Carabinieri dello stesso Nucleo, che avevano ricevuto chiare soffiate. In questo secondo caso, le ore di attesa trascorse ad attendere i coltivatori non hanno prodotto gli esiti sperati, nessuno si è presentato a prendersi cura della canapa indiana. In casa dei due ragazzi sono stati poi rinvenuti piccoli quantitativi di marijuana essiccata e solo nel caso del secondo, un bilancino di precisione. Certo tutta quella roba, molti chili anche dopo l’essiccamento, non se la potevano fumare da soli, così dovranno rispondere del loro comportamento rispettivamente al Tribunale di Siena e a quello dei Minori di Firenze.

Dev’essere nata davvero una moda: in ben 18 casi nel corso dell’estate I Carabinieri della provincia di Siena hanno rinvenuto e sequestrato piccole e grandi piantagioni di canapa indiana. In genere tali coltivazioni sono state individuate per la segnalazione di un cittadino che casualmente si era imbattuto in esse, come nel caso del pilota di un aereo ultraleggero che aveva potuto osservare le due grandi piantagioni di Radicondoli, o come l’anziano che aveva visto quei ragazzi che entravano furtivamente all’interno del residence abbandonato, prossimo a viale Bracci a Siena. In un paio di casi l’esistenza di quelle situazioni era emersa nel corso di indagini finalizzate ad altro, tramite ad esempio intercettazioni telefoniche.

In talune situazioni – spiegano i Carabinieri di Siena – non vi poteva essere dubbio sulla natura professionale di quella particolare forma di agricoltura. Quando le dimensioni della piantagione sono eccezionali e la produzione programmata è davvero cospicua, è evidente che la finalità è quella di alimentare un ricco commercio, un vero traffico di sostanze stupefacenti. In altri casi si tratta di sostenere medio-piccoli giri di spaccio, che talvolta hanno interessato ragazzi giovani e incensurati. Occorre allora interrogarsi su quale disvalore sociale integrino attualmente la coltivazione, il commercio e il consumo della marijuana. Per quanto ogni forma di produzione e di cessione costituiscano attualmente reato e il semplice consumo costituisca un illecito amministrativo, sanzionato anche pesantemente dalle Prefetture d’Italia, con vincoli sul conseguimento della patente di guida ed altri problemi, vi sono voci anche autorevoli che propendono per un atteggiamento di sostanziale tolleranza su tale costume. Fatto sta che oggi non è affatto difficile procurarsi dei semi di “cannabis indica” nell’ingovernabile oceano del web.

Esistono dei reparti speciali dell’Arma dei Carabinieri (come i NAS) che effettuano un monitoraggio costante del commercio di droghe sintetiche su internet, quali nel migliore dei casi i cannabinoidi realizzati in laboratorio. Gli ultimi ragazzi incensurati e, sostanzialmente abbastanza sprovveduti, colti in flagranza dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Viale Bracci, hanno affermato di aver pagato quei semi quindici euro cadauno in un centro specializzato di Firenze. Possibile? direte voi. Ebbene si.

Perché in tale circostanza il confine fra legalità e illegalità corre su un filo sottilissimo: “Vuoi semi di cannabis indica? Noi li vendiamo e non ci interessa sapere cosa poi ne farai, anzi non ce lo devi proprio dire”. Concetto banale, un po’ ipocrita, equivoco, sottile: “come l’acquisto di una scure in ferramenta: niente di proibito. Se poi con quella scure ammazzi un parente antipatico, non è certo colpa di chi te l’ha venduta”. I negozi specializzati sono anche molto belli, tutto il contrario di quello che si potrebbe immaginare. Vi si potranno trovare “semi di canapa per collezionisti”, che in Italia sono legali come le caramelle per i bambini.

Proprio così: coltivare la canapa indiana in Italia costituisce reato, acquistarne i semi no, anche perché non contengono principio attivo. Sono solo causa prossima di peccato e non peccato, per dirla in termini ecclesiastici. Questo in virtù di una convenzione internazionale che risale al 1961. Il concetto dunque è molto vecchio e consolidato, ma le conseguenze illecite che ne possono conseguire hanno avuto diffusione solo in un periodo relativamente recente. Acquistare su un “grow shop” online costa anche meno, ma dà maggiori rischi, perché se da un semino pagato dieci euro mi nasce una pianta di melanzane, sarà poi difficile trovare un interlocutore al quale rivolgere le proprie rimostranze.

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