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ARTE e CULTURA

”Le fiabe di Santo Spirito e altri racconti”, il libro scritto dai detenuti della casa circondariale di Siena

3 Maggio 20165 minuti di lettura
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Dal laboratorio di scrittura creativa attivato nella casa circondariale senese nel corso dell’anno scolastico 2014/15 è nato il volume “Le fiabe di Santo Spirito e altri racconti” (Salvietti&Barabuffi Editori srl) presentato oggi in conferenza stampa a Palazzo Berlinghieri da uno dei suoi autori, Pietro, insieme al direttore del carcere, Sergio La Montagna, al vicesindaco Fulvio Mancuso, al rettore dell’Università degli Studi di Siena, Angelo Riccaboni, al professore di “Antropologia della Performance” del Dipartimento di Scienze sociali, politiche e cognitive, Fabio Mugnaini, e a Roberta Bonelli, referente dell’Ufficio scolastico territoriale di Siena. Presente all’appuntamento anche Monica Sarno in rappresentanza del Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria.

Il libro è stato pubblicato grazie al contributo del Comune e dell’Università degli Studi di Siena e, d’intesa con il dirigente dell’Ufficio scolastico territoriale, sarà distribuito gratuitamente in oltre 700 copie agli alunni delle classi IV delle scuole primarie cittadine.

“Un progetto semplicemente bellissimo – ha introdotto il vicesindaco Mancuso – a cui abbiamo aderito immediatamente. Un progetto che trasforma un luogo di potenziale esclusione e di separazione, come il carcere, in un laboratorio dal quale si liberano energie positive per tutta la comunità. Una testimonianza emblematica di come si possano materializzare cittadinanza attiva, solidarietà e collaborazione istituzionale in ogni luogo e ambito: un esempio di amministrazione condivisa e di passione per il bene comune e per i beni comuni. Il fatto che il volume sarà distribuito a piccoli lettori della scuola elementare crea un vero e proprio contatto tra gli autori dei racconti e i loro destinatari, che li interiorizzeranno e li faranno propri. Gli insegnanti potranno addirittura lavorare sul “metaracconto” della genesi e dei significati di questa importante pubblicazione”.

“L’Università deve essere percepita sempre più come strategica – ha aggiunto il rettore Riccaboni – per le sue funzioni di crescita sociale, che devono essere adeguatamente alimentate e finanziate. Il sistema universitario pubblico non deve limitare la propria portata di innovazione all’ambito tecnologico, ma può offrire, come in questo caso, il proprio patrimonio di risorse e conoscenze per missioni di rilevanza sociale e creare nuove connessioni e sinergie di fronte alle sfide della contemporaneità”.

Il libro, impreziosito da una vignetta di Emilio Giannelli in copertina, raccoglie venti racconti, in parte illustrati, scritti da Antonio, Dritan, Hashim, Salvatore, Edrin, Aleksandr e Pietro, alcuni dei detenuti che hanno partecipato al laboratorio di alfabetizzazione linguistica sul tema della fiaba tenuto nella casa circondariale di Santo Spirito da Elisa Faleri con il supporto del professore Fabio Mugnaini. Qualche storia è stata recuperata dalla memoria orale e da leggende popolari dei loro paesi di origine, mentre altre sono frutto della fantasia degli autori, diversi non soltanto per provenienza, ma anche per età anagrafica, condizioni sociali, familiari e livello di istruzione.

Come ha sostenuto Sergio La Montagna, “i processi di rieducazione trovano la loro massima espressione in azioni di solidarietà come questa, al pari di altre che abbiamo realizzato a beneficio dell’Unione italiana dei Ciechi e del reparto di Pediatria delle Scotte. Ringraziamo il Comune e l’Università per il contributo e la sinergia istituzionale attivata, perché la rieducazione non viene attuata soltanto dagli operatori del carcere ma da tutta la comunità di riferimento nel suo complesso”. “Dal volume emerge un multiculturalismo, ormai radicato in carcere – ha proseguito – che attraverso le sue eterogenee identità ritrova nella favola e nei sogni che in essa si schiudono il suo denominatore comune. Ma soprattutto, si percepisce forte la volontà di trascendere i limiti e le condizioni del presente, di riscrivere il passato e rifondare il futuro. Per questo motivo, ogni volta che qualcuno leggerà o farà propria una di queste fiabe, contribuirà al progetto di liberazione e, allo stesso tempo, di ritorno dentro un mondo di legami sociali, di ascolto e condivisione”.

“Quando le leggerete – ha poi sottolineato Elisa Faleri – pensate che dietro a ognuna di queste fiabe c’è un padre, un marito, un fratello e soprattutto un figlio. Dentro ogni racconto si respira l’aria della tradizione del Paese d’origine; in ogni fiaba c’è un po’ di loro e delle loro storie personali”, mentre Fabio Mugnaini ha ricordato come il lavoro della docente abbia dato valore al ruolo della scuola “nelle fisiologiche difficoltà di insegnamento che si possono incontrare in un ambiente come il carcere. La scuola deve infatti compensare l’esclusione sociale cui sono soggetti i detenuti, un trauma che può generare ancora più isolamento; ma se create o recuperate con il percorso di introspezione rivolto alla memoria infantile, e tramite la loro scrittura, le fiabe riassumono una voce e attivano una relazione sociale. Per questo assume ancora più valore il coinvolgimento degli alunni delle scuole”.

Nel corso della presentazione è intervenuta anche Monica Sarno, la quale ha posto l’accento sulla validità e l’efficacia dell’iniziativa ed evidenziato come la casa circondariale di Siena si distingua per la qualità degli interventi rieducativi che vengono attuati, con svariate modalità, anche negli altri istituti penitenziari della Toscana.

Roberta Bonelli ha quindi affermato che “questa buona pratica si inserisce perfettamente nel processo di riorganizzazione dell’istruzione per gli adulti, privilegiando la realizzazione di percorsi modulari e flessibili. Il laboratorio di scrittura creativa contribuisce alla personalizzazione dell’apprendimento attraverso la valorizzazione delle competenze e delle conoscenze già esistenti e la ricostruzione della propria storia identitaria”.

“Un piccolo libro enormemente grande – ha concluso Pietro, autore di alcune storie del volume – perché le fiabe si raccontano alle persone alle quali vogliamo bene. Quando le ho scritte, immaginavo di rivolgermi a una bambina che per me è speciale e di potergliele raccontare, magari presto, dal vivo”.

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