Ecco che la partita sulla stazione Medio Etruria (a Chiusi, per intendersi) rappresenterebbe idealmente riconoscere al nostro territorio la dignità della propria centralità geografica, economica e politica, di un’area vasta davvero (12.000 kmq con quasi 900.000 abitanti, tra Siena, Arezzo e Grosseto), dove l’arte di starci ha consentito una cultura civica diffusa per mantenere un ampio e prezioso ambito rurale, con insediamenti urbani sparsi, costituendo un contesto paesaggistico unico, simbolo di tutta la nostra Toscana.
Su tutte queste questioni, le compatibilità tecniche debbono misurarsi con il dato politico del nostro ‘essere un centro’, cui non si addice la delocalizzazione. Lo spiego meglio: in questo ragionamento non conta tanto il nostro ‘sentirsi centro’, naturale senso di appartenenza e di identità emotiva, ma insufficiente in una discussione sulla programmazione di funzioni e strategie; conta invece il fatto di ‘essere un centro’: e qui parlano chiaro la geografia, i caratteri della demografia, il governo del territorio, l’economia, la cultura e la storia. Così, sarebbero scelte non oggettive quelle che negassero questa oggettività, il nostro essere appunto un centro e non periferia. Su questo – conclude Masi – la nostra responsabilità non potrà fare sconti a nessuno”.