Nella nottata di ieri Carabinieri del Comando Provinciale di Siena hanno effettuato 25 perquisizioni in tutta Italia a carico di altrettanti indagati, amministratori di un gruppo pedopornografico e violento che operava su whatsapp.
Le indagini sono scaturite da una denuncia di una madre che si è recata presso il Comando in viale Bracci per mostrare quanto ritrovato nello smarphone del figlio 13enne. Sul gruppo whatsapp dal nome “The shoah party” venivano inviate immagini pedopornografiche e scene di violenza su bambini e non solo, di brutalità inenarrabile, oltre che di apologia al nazismo e all’islamismo.
Attraverso intercettazioni telematiche richieste e ottenute dalla Procura dei Minori di Firenze, sotto il coordinamento de procuratore Sangermano, e dalla Procura Distrettuale di Firenze competente per materia, grazie ai decreti emessi dal PM Cutrignelli, i Carabinieri hanno così ricostruito come tanti ragazzini dai 13 ai 17 anni erano rimasti invischiati più o meno consapevolmente in questa triste vicenda di pedopornografia e come altri, dopo essere entrati in quello spazio ospitato dal noto social network, ne fossero subito usciti.
Purtroppo però nessuno avava denunciato la cosa. Chi ne era uscito non ha avuto la coscienza civica di investire le autorità competenti perché ponessero rimedio in qualche modo alla vicenda.
Grazie però alla denuncia della madre senese che ha dato l’input, sono seguiti cinque mesi d’indagini molto intense. Autorizzati dai pubblici ministeri, i militari dell’Arma si sono introdotti con l’inganno all’interno del gruppo, riuscendo a convincere gli amministratori della loro affidabilità.
Così facendo i Carabinieri sono risaliti agli amministratori del gruppo, che lo hanno creato e alimentato, minorenni e maggiorenni, tutti residenti nella zona di Rivoli in provincia di Torino. Le immagini e i video postati sono stati attribuiti singolarmente alla responsabilità di ogni indagato, e alla fine ne è venuta fuori una ben documentata informativa di reato che è finita sul tavolo dei magistrati operanti.
I carabinieri erano riusciti a ricostruire tutto, e i magistrati hanno subito interrotto l’attività delittuosa. Maggiori elementi sarebbero potuti emergere solo dalle perquisizioni presso le abitazioni. Sono stati così emessi 25 decreti di perquisizione a carico degli indagati, 19 minorenni e 6 maggiorenni, eseguiti 13 provincie d’Italia.
Sui sei 13enni coinvolti non è stato possibile procedere, essendo non imputabili per la legge italiana. Nel corso delle perquisizioni sono stati sequestrati decine di telefonini e computer. Verranno affidati ad un consulente tecnico d’ufficio che ne farà delle copie forensi, riproduzioni attendibili dei contenuti spesso indescrivibili delle chat, necessarie per la promozione delle accuse in giudizio.