A muovere contro Siena, a cui chiede danni patrimoniali per 186,7 milioni, è il fondo americano York, che nell’estate del 2014 era stato per qualche mese primo azionista di Mps, grazie a un investimento di 520 milioni di euro che gli era valso una quota del 5% del capitale.
Lo scorso 11 marzo, emerge dal progetto di bilancio, York ha notificato un atto di citazione contro Mps, Nomura (controparte nella ristrutturazione del derivato Alexandria) e Alessandro Profumo, Fabrizio Viola e Paolo Salvadori, rispettivamente presidente, amministratore delegato e presidente del collegio sindacale al tempo dei fatti contestati. Al Tribunale di Milano York ha chiesto la loro condanna in solido a risarcire 186,7 milioni di danni e – previo accertamento del reato di false comunicazioni sociali – al risarcimento del danno non patrimoniale.
Alla base della richiesta, che ricalca quella da 434 milioni del fondo Alken, ci sono le perdite registrate da York e imputate a «un presunto comportamento illecito dei vertici» di Mps «che avrebbero falsato la rappresentazione finanziaria nei bilanci, alterando in modo determinante» il valore delle azioni della banca. Non iscrivendo in bilancio come derivati sintetici le operazioni di ristrutturazione dei derivati Santorini e Alexandria ma anche non accantonando correttamente gli npl.
York aveva iniziato a costruire la sua posizione su Mps nel marzo del 2014 per emergere con il 5% del capitale a fine luglio, un mese dopo che Mps sembrava aver risolto i suoi problemi chiudendo con successo un aumento da 5 miliardi. Salvo tornare a tremare a fine ottobre quando la Bce individuò un deficit patrimoniale di 2,1 miliardi che affosso’ il titolo e spinse York a liquidare in fretta e furia la sua posizione.
La richiesta va a ingrossare un contenzioso dal petitum di 5 miliardi su cui Mps ha accantonato 0,6 miliardi. Un contenzioso su cui ha acceso un faro anche la Bce, che a gennaio ha avviato un’ispezione «finalizzata alla valutazione e alla gestione dei rischi operativi e in particolare dei rischi legali». Le richieste di risarcimento da parte dei soci (hedge fund, persone fisiche, società e cooperative) per presunte informazioni finanziare scorrette rilasciate tra il 2008 e il 2015 ammontano a 1,5 miliardi. Una scomoda eredità che l’ad Marco Morelli ha il difficile compito di gestire e che non aumenta l’appeal di Mps, da cui lo Stato deve uscire entro il 2021.