IL QUADRO
– Settimana incentrata sui meeting delle tre maggiori banche centrali con la Fed che è attesa consegnare il settimo rialzo dei tassi di questa fase di restrizione monetaria
– Il piatto forte è costituito dal meeting della BCE che potrebbe compiere un ulteriore passo verso la fine del QE
Una settimana positiva per quasi tutti i maggiori indici, ad eccezione dello Euro Stoxx (-0,2%), appesantito dal declino degli indici italiani. Sia il FTSEMIB (-3,4%) che i Btp hanno vissuto un’altra settimana di debolezza, ed entrambi si trovano ora poco distanti dai livelli visti nel mini-panico di martedì 29 maggio.
La settimana ha visto diversi sviluppi, per lo più negativi, per quanto riguarda gli emergenti:
– In Turchia, dopo un lungo periodo di inazione che ha cementato la percezione del mercato di una banca centrale in forte ritardo e riluttante a contrastare la debolezza della valuta, la banca centrale turca ha alzato i tassi (repo a 1 settimana) di 125 pb portandoli al 17,75%, stabilizzando nel breve la lira turca
– Il FMI ha comunicato di aver raggiunto un accordo con l’Argentina per un prestito (stand-by arrangement) di 50 mld nei prossimi tre anni
– In Brasile il real ha toccato il valore più basso degli ultimi due anni contro dollaro
– In Sud-Africa la valuta è scesa ai minimi degli ultimi sei mesi per una combinazione di dati macro deboli e timori sul quadro politico
A fronte di questo, le valute emergenti hanno proseguito la loro discesa con l’indice in ribasso di un ulteriore 1% in settimana contro dollaro. Dall’inizio dell’anno le valute emergenti sono giù del 6% contro dollaro e del 4% contro euro.
Il calendario di questa settimana ci propone i meeting delle tre maggiori banche centrali (Fed, BCE e BoJ). La Fed dovrebbe procedere mercoledì a un rialzo dei tassi (+25 bp per il range del Fed Funds a 1,75-2,00%), il secondo dell’anno e il settimo nell’attuale fase di rialzi iniziata nel dicembre 2015. Nessuna azione è attesa da parte della BoJ. Per quanto riguarda la BCE, alcune dichiarazioni della scorsa settimana hanno messo i mercati in uno stato di allerta per un possibile annuncio riguardo la data di fine del QE; nella tradizionale survey di Bloomberg che precede i meeting della BCE, circa un terzo degli intervistati si attende un annuncio giovedì mentre la metà opta per il meeting di luglio.
MEETING BCE: OCCASIONE PER UN ULTERIORE PASSO VERSO LA FINE DEL QE
Il capo-economista Peter Praet ha segnalato in settimana che il meeting è live, cioè il tema della tempistica del termine del programma di acquisti (QE) verrà discusso, con la possibilità che una decisione verrà presa e comunicata giovedì. Al momento la linea della BCE è che il programma continuerà sino a settembre o oltre, se necessario e in ogni caso sino a quando il Consiglio osserverà un aggiustamento sostenuto del sentiero dell’inflazione consistente con l’obiettivo. La questione riguarda dunque: (1) il grado di confidenza della BCE sul fatto che l’inflazione è destinata a riportarsi verso il 2%, (2) la definizione di quell’oltre. Per quanto riguarda il primo punto, Praet si è dichiarato recentemente confidente che questo stia avvenendo. Sul secondo punto, gli analisti sono quasi unanimemente orientati per un prolungamento di tre mesi, che significherebbe una fine del programma a dicembre, con quantità di titoli acquistate attorno ai 15 mld/mese in media, rispetto ai 30 mld/mese attuali.
Il QE della BCE è composto da diversi programmi, tra i quali il PSPP (il programma di acquisto di titoli di stato) costituisce l’82% del totale. Lo stock del PSPP è di circa 2mila mld, di cui circa il 17% è costituito da titoli di stato italiani, una percentuale molto vicina alla capital key dell’Italia (17,5%), un parametro che rappresenta il peso di ciascuna banca centrale nazionale nel capitale della BCE e secondo cui devono essere allocati gli acquisti tra i vari paesi.
Nel mese di maggio, in corrispondenza quindi con l’episodio di forte allargamento degli spread sui Btp, la BCE ha acquistato circa 24 mld di titoli di stato (sui 31,6 mld totali dei quattro programmi di acquisto), di cui 3,6 mld di titoli di stato italiani, un ammontare assoluto in linea con la media dei primi quattro mesi dell’anno, ma in percentuale (14,9%) inferiore alla capital key e il valore più basso dall’inizio del PSPP nel marzo 2015. L’obiettivo di rispettare le capital keys è mitigato da un certo grado di flessibilità previsto dalle regole che governano il programma e una deviazione su base mensile è naturale. Quello che ha esacerbato la deviazione nel mese di maggio è stata però la necessità di reinvestire i proventi di titoli tedeschi scaduti in aprile, che ha costretto la BCE ad acquistare un totale di 6,9 mld di titoli tedeschi (contro una media di 4,8 mld nel periodo gennaio-aprile), penalizzando gli altri paesi, tra cui l’Italia. Un ulteriore elemento che ha contribuito a abbassare la quota attribuita all’Italia è stata la discesa dei prezzi dei titoli, dal momento che la BCE comunica i quantitativi acquistati al loro valore di mercato.