Il forte ribasso delle ultime sedute però ha spinto la banca a una smentita secca non solo sui rumors di giornata, su un ulteriore aumento di capitale dopo quello sottoscritto dal Tesoro per 3,85 miliardi l’estate scorsa, ma anche sulle illazioni riguardanti il cronoprogramma del suo piano di ristrutturazione al 2021 concordato con Bruxelles e l’operazione di cessione delle sofferenze siglata con Quaestio
Alla base dell’andamento negativo dei primi mesi di quest’anno c’è, con certezza, la perdita da 3,5 miliardi risultata superiore alle stime di qualche analista. Poi, forse, l’aspettativa delusa di un turnaround più veloce di quello che si sta profilando. Un percorso invece, come ha spiegato con realismo l’amministratore delegato Marco Morelli nelle ultime uscite pubbliche, che sarà lungo, lento e faticoso.
Il titolo Monte Paschi a 2,64 euro fa effetto se comparato con i 6,49 euro pagati dal Tesoro in sede di aumento di capitale. L’intervento pubblico nella banca è stato complessivamente di 5,4 miliardi a seguito del rimborso ai bondholder subordinati della banca per altri 1,5 miliardi, operazione completata nell’autunno scorso. Oggi l’indiscrezione di un nuovo aumento allo studio subito smentita da Siena. La banca ha poi voluto puntualizzare che non cambia nulla nel crono programma della maxi cartolarizzazione di sofferenze da 24,6 miliardi realizzata con Quaestio Sgr attraverso il fondo ex Atlante2 ribattezzato Italian Recovery Fund (IRF). La data di completamento indicata è fine giugno prossimo. I crediti in sofferenza da fine 2017 sono già di proprietà di IRF ma ancora contabilizzati nel bilancio del Monte fino al completamento dell’operazione. IRF, in particolare, ha già acquistato il 95% della tranche mezzanina della cartolarizzazione da 4,5 miliardi e acquisirà anche il 95% delle junior note dell’emissione. Il Monte manterrà il 5% di tutte le notes, comprese le due tranche senior
Mps nella nota diffusa oggi conferma poi “gli obiettivi di piano per la riduzione dei crediti deteriorati” ossia le inadempienze probabili, i cosiddetti Utp. La banca ha annunciato un piano che mira a ridurle di 4,5 miliardi nel triennio 2017-2019. Lo scorso anno Siena ha già smaltito Utp (in parte cedendoli) per 1,7 miliardi a fronte di un obiettivo iniziale per l’anno di 1 miliardo. Quest’anno dovrebbe smaltirne altri 1,5 miliardi. Il resto nel 2019. Altro punto ribadito nella nota sono “le misure di contenimento dei costi” che lo scorso anno hanno portato a uscite volontarie per 1.800 addetti sui 4.800 complessivi previsti dal piano di ristrutturazione al 2021 e alla chiusura di 435 filiali alla fine di gennaio 2018 (70% dell’obiettivo che sarà raggiunto, in anticipo, già alla fine di quest’anno con altre 165 chiusure (600 in tutto).