IL QUADRO
Nella settimana passata il flusso di notizie rilevanti è stato dominato dalle banche centrali con il meeting della BCE, su cui elaboriamo sotto, che ha restituito tutto sommato un risultato in linea con le attese e due eventi inattesi: il rialzo dei tassi da parte della Bank of Canada e le dimissioni del vice-presidente della Fed Stanley Fischer. La lettura che viene data a questo ultimo evento è che aumenta la possibilità per Trump di dare forma alla composizione del FOMC (l’organismo decisionale di politica monetaria della Fed) e diminuisce la probabilità di un rialzo dei tassi nei prossimi mesi, dal momento che Fischer era uno dei membri che più spingeva per una fase di rialzi aggressiva.
In aggiunta, uno sviluppo positivo per il mercato è stato l’accordo trovato negli USA per un’estensione di tre mesi del limite all’indebitamento e alla spesa pubblica; l’implicazione è che il rischio di breve termine per il mercato costituito dalle scadenze di fine settembre è stato spostato un po’ più in la nel tempo.
In termini di movimenti di mercato, quanto sopra si è tradotto in variazioni contenute per i mercati azionari (che aprono oggi la settimana con variazioni positive) e rendimenti obbligazionari che rimangono all’interno di un trend discendente. L’euro-dollaro, dopo i nuovi massimi toccati poco sotto 1,21, ha corretto leggermente venerdì pomeriggio.
LE CONSEGUENZE ECONOMICHE DI HARVEY/IRMA
In aggiunta alle gravi perdite umane, la stagione degli uragani negli USA rischia di diventare la più devastante nella storia dal punto di vista economico, complicando la lettura dell’andamento ciclico dell’economia USA. Fortunatamente pare che l’intensità del secondo urgano (Irma) sia in ribasso.
L’impatto sui dati macro si è cominciato a manifestare in una caduta delle vendite di auto e un aumento dei sussidi di disoccupazione in Texas. Detto questo, la dinamica attorno ai disastri naturali vede solitamente un impatto, in termini di minore crescita, nel trimestre in cui l’uragano colpisce e un recupero nei trimestri successivi.
MEETING BCE: UN LENTO AVVICINAMENTO ALLA FINE DEL QE
Il meeting della BCE ha confermato che le decisioni sulla progressiva dismissione del programma di acquisti di titoli sarà probabilmente (ma nessun impegno è stato preso) comunicato in occasione del prossimo incontro del 26 ottobre. Il meeting è stato digerito bene dal mercato obbligazionario (rendimenti in calo con restringimento degli spreads), e ha generato un ulteriore gamba al rialzo per l’euro-dollaro. Il movimento di apprezzamento dell’euro è apparso in contrasto con un meeting che è risultato al margine un po’ più cauto delle attese sulle prospettive di uscita dal QE. La BCE ha rivisto al ribasso le previsioni sull’inflazione per il biennio 2018-19, ma solo marginalmente, giustificando l’entità limitata del ribasso con l’osservazione che l’apprezzamento dell’euro è frutto di un miglioramento ciclico che dovrebbe esercitare pressioni inflazionistiche, controbilanciando in qualche misura l’effetto deflazionistico proveniente dal canale del tasso di cambio. Un punto analitico soggetto a dibattito, ma che ha segnalato al mercato che la BCE non ha intenzione per il momento di opporre resistenza all’apprezzamento della valuta.
La reazione non proprio intuitiva dell’euro agli sviluppi sul fronte della politiche monetarie BCE e Fed, ed in particolare la disconnessione che si registra rispetto ai movimenti nel differenziale dei tassi, un fattore che tipicamente ha una discreta influenza sul cambio, sta aprendo la strada a interpretazioni alternative del movimento di apprezzamento. In particolare, secondo una di queste, è possibile che sia in corso una riallocazione di capitali verso l’area euro dopo un lungo periodo in cui gli investitori, soprattutto USA, hanno decumulato assets denominati in euro.
LA SETTIMANA
-Nessun evento di rilievo è atteso nell’area euro.
– Negli USA l’inflazione di agosto dovrebbe registrare un incremento mensile (0,2%) che si tradurrebbe in un tasso annuale dell’1,8%. Per quanto riguarda l’indice core, quello depurato dalle componenti più volatili, un forte effetto base (nell’agosto 2016 si era registrato un forte incremento mensile) dovrebbe causare un declino all’1,6% dal 1,7% di luglio.