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TOSCANA

Salvare le ”Leopodine”: Val di Chiana e Regione stringono un patto

7 Luglio 20164 minuti di lettura
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Con il protocollo firmato oggi dai Comuni di Arezzo, Castiglion Fiorentino, Civitella Val di Chiana, Cortona, Foiano, Marciano della Chiana, Monte San Savino, Montepulciano, Sinalunga e Torrita di Siena, oltre che dall’assessore regionale al paesaggio Vincenzo Ceccarelli, le istituzioni si sono impegnate a contrastare i fenomeni di abbandono e degrado di questi immobili storici ed a considerare le ‘Leopoldine’ come parte di un ‘sistema’ da tutelare e valorizzare, anche tramite la realizzazione di percorsi ciclopedonali.

Verrà inoltre definito uno specifico ‘Progetto di paesaggio’, finanziato dalla Regione Toscana, per coniugare aspetti paesaggistici, storico-culturali, turistici, rurali ed ambientali della Val di Chiana. Con questo strumento, infatti, per gli enti sottoscrittori si aprono opportunità, anche di tipo economico. La regione sta già lavorando all’inserimento nella prossima legge di stabilità di u finanziamento per lo studio di fattibilità del progetto.

Il sistema insediativo della bonifica granducale della Val di Chiana, fatto di ville, fattorie e case coloniche ‘Leopoldine’ – realizzate secondo precisi criteri architettonici definiti dallo stesso granduca Pietro Leopoldo per garantire alle famiglie dei coloni abitazioni adeguate e salubri – rappresenta una caratteristica insediativa della Val di Chiana da tutelare come bene paesaggistico oltre che storico-culturale.

“Le Leopoldine sono più che semplici rustici – ha detto l’assessore regionale al paesaggio Vincenzo Ceccarelli – sono una parte fondamentale della storia della Toscana e della Val di Chiana. Raccontano la bonifica del territorio, la vita della comunità agricola, lo sviluppo della Val di Chiana. E’ giusto e necessario proteggere quel patrimonio, contrastare lo stato di abbandono e degrado nel quale molti di questi edifici versano perché troppo grandi e difficili da gestire. La Regione ha promosso e definito un protocollo che ne favorirà il recupero, anche tramite la destinazione ad usi non agricoli. Sarà però garantita la salvaguardia della configurazione originaria, l’integrità dell’impianto architettonico. Sarà una riqualificazione, che potrà favorire anche la promozione turistica dl territorio”.

Regione e Comuni con la firma di oggi si sono impegnati ad ampliare gli usi ammissibili. Accanto alla funzione agricola (multifunzionalità, agriturismo, residenze agricole per i giovani imprenditori,ecc), infatti, saranno ammesse quella residenziale, le attività e i servizi legati alla promozione del territorio, le attività legate al settore terziario (come servizi ed uffici), oltre a funzioni turistico-ricettive ed edilizia sociale.

Gli eventuali cambi di destinazione verso usi residenziali potranno essere effettuati al massimo per il 60% del totale delle ‘Leopoldine’ disponibile in ciascun Comune. Gli eventuali frazionamenti dovranno prevedere unità immobiliari con superficie minima pari a 100 mq per gli edifici principali (Leopoldina) e 80 mq per gli annessi e gli edifici di minor rilevanza storico architettonica. Dovrà essere mantenuta l’unità percettiva evitando la frammentazione visiva con strutture e delimitazioni estranee alla tipologia storica o tali da creare cesure tra l’area di pertinenza della leopoldina e il territorio agricolo o la vegetazione circostante.

Per salvaguardare la configurazione originaria delle strutture e delle aree di pertinenza e i rapporti di gerarchia tra l’edificio principale e gli annessi, saranno valutati e definiti gli interventi ammissibili, che varieranno in base al grado di valore storico dell’edificio.

Le ‘Leopoldine’ della Val di Chiana

Con il termine ‘Leopoldina’ viene intesa una tipologia di casa colonica con precise caratteristiche architettoniche: edificio a blocco isolato, tetto a padiglione, portico, loggia e colombaia, con rustico al piano terreno a abitazione al primo. Sorgono prevalentemente in pianura e furono costruite nel corso del processo di bonifica e sfruttamento agricolo della Val di Chiana, nel periodo che va dalla prima metà del ‘700 fino alla metà dell’800.

La bonifica della Val di Chiana era iniziata già dalla metà del ‘600 e fu portata avanti attraverso la costruzione sui due lati del Canale maestro della Piana di 13 Fattorie comprendenti ciascuna una Villa Fattoria principale e diverse case coloniche (in tutto ne sono state censite 322) con il relativo podere.

Una ricerca fatta all’inizio degli anni Duemila ha evidenziato che questi manufatti negli anni hanno subito pesanti trasformazioni e che circa la metà di essi risulta abbandonata, in via di crollo o di difficile accessibilità.

Recuperare e valorizzare le ‘Leopoldine’ e le loro strutture di pertinenza significherebbe anche recuperare molti altri manufatti di valore storico-architettonico legati alla regimazione idraulica dell’area della Chiana: ponti, canali, approdi, argini rialzati, bacini artificiali, mulini, pescaie, gore, caselli, chiuse; in particolare i resti del settecentesco Argine di separazione fra i bacini di Tevere e Arno nei pressi di Chiusi Scalo, il Callone di Valiano, la botte allo Strozzo, la Fattoria con la Colmata di Brolio, L’Allacciante dei Rii castiglionesi, la Chiusa dei Monaci, i numerosi ponti di ferro ottocenteschi tipo zorès i caselli idraulici, i manufatti di immissione.

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