Tutto ha avuto inizio per una telefonata: un operaio albanese era al telefono con la moglie e poco distante quattro senegalesi, tra i quali una donna, seduti su un muretto discutevano tra loro. Il tono di voce dei senegalesi era talmente alto che l’albanese non riusciva a sentire ciò che diceve la moglie e quindi rivolgendosi al gruppo di nordafricani aveva chiesto di abbassare il tono di voce che, come riferiranno anche alcuni testimoni successivamente, era effettivamente eccessivo per una semplice conversazione tra amici.
La donna senegalese, indispettita per tale richiesta, riferisce quindi all’albanese di farsi i fatti sui perché quella non è casa sua. L’albanese, stizzito, a sua volta, risponde a tono alla donna che immediatamente si alza dal muretto e, con fare arcigno, lo raggiunge per un “faccia a faccia”. L’albanese a quel punto mima uno schiaffo e tanto basta per fare intervenire un nutrito gruppo di senegalesi che, proprio in piazza Mazzini, hanno il loro luogo di ritrovo quotidiano. Un collega dell’operaio, anch’egli albanese, visto quanto accadeva, interviene per dare manforte al connazionale, alimentando ancora di più il clima di tensione ed astio che sfocia in una rissa furibonda con calci e pugni. Un senegalese va verso il vicino cantiere dove i due albanesi stavano lavorando e prende una pala per usarla contro i due operai ma, fortunatamente, una giovane ragazza senegalese strappa la pala di mano all’uomo e la getta a terra.
Alcuni passanti, impauriti per l’accaduto chiamano i Carabinieri della compagnia cittadina rappresentando la situazione di particolare criticità e poco dopo arrivano due pattuglie dell’Arma. All’arrivo dei militari, del nutrito gruppo di soggetti che avevano preso alla rissa, solo in cinque continuano a darsele di santa ragione, tra questi i due albanesi e tre senegalesi (tra cui anche la donna che aveva dato origine al tutto).
Condotti in caserma i cinque sono stati sentiti e sottoposti alle cure del caso venendo riscontrati affetti tutti da contusioni varie ed escoriazioni con prognosi tra i 3 ed i 9 giorni. Dopo le formalità di rito, i cinque sono stati sottoposti agli arresti domiciliari in attesa del rito direttissimo.