IL QUADRO
– Rally dell’azionario, rendimenti dei periferici in forte discesa e euro debole. No, la BCE non ha tagliato i tassi, ma è riuscita, grazie all’opera di guida delle aspettative delle ultime settimane, a rendere gradevole per i mercati la ricalibrazione in senso restrittivo del programma di acquisti di titoli.
– Dal momento che la BCE è alle spalle e il meeting della Fed di questa settimana sarà di carattere transitorio, l’attenzione si concentra sulla nomina del nuovo presidente della Fed, attesa entro venerdì.
– Venerdì S&P ha alzato il rating del ns. Paese portandolo da BBB- a BBB/A-2 con l’outlook, cioè la previsione sul futuro, stabile. La revisione al rialzo è dovuta alle migliorate prospettive di crescita, sostenute da un aumento degli investimenti e dalla crescita dell’occupazione, ma anche dalla politica monetaria espansiva. S&P prevede ora una crescita reale del Pil per quest’anno di circa l’1,4% e in media dell’1,3% nel 2018-2019; ben oltre le precedenti stime ferme allo 0,9%. L’agenzia inoltre si aspetta che il governo raggiunga il target del deficit del 2,1% sul Pil.
RICALIBRAZIONE GRADITA AI MERCATI
L’avvio della fase di riduzione del bilancio della Fed e della fase di diminuzione del flusso di acquisti da parte della BCE sono tra i temi più dibattuti dagli investitori; l’interrogativo è se questi sviluppi possano in qualche modo costituire un fattore negativo per i mercati, e per le asset class rischiose in particolare. Gli elementi principali del piano di riduzione della BCE si sono rivelati molto vicini alle attese del mercato. Alcuni aspetti hanno però reso al margine il pacchetto di misure più “morbido” di quanto preventivato; da qui la reazione positiva del mercato.
Il mercato si trova di fronte ad uno stock di titoli detenuti dalla BCE che continuerà ad espandersi almeno sino a settembre 2018 e che rimarrà attorno al suo valore massimo per un periodo prolungato dopo la cessazione degli acquisti. Cercando di porre gli sviluppi sul fronte BCE in un contesto globale: con gli acquisti netti della BCE che rimangono positivi, e la banca centrale giapponese che prosegue nella sua politica di espansione del bilancio e pare ben lontana dal tapering, il bilancio aggregato delle quattro maggiori banche centrali (BCE, Fed, BoJ, BoE) è destinato a continuare ad aumentare per quasi tutto il 2018. J.P. Morgan calcola che solo nel 2019 e 2020 assisteremo ad una diminuzione, attorno ai $ 290 mld all’anno, che costituirebbe circa ¼ degli acquisti annuali nei passati nove anni.
Se ciò che è rilevante per le asset class rischiose è (come sembra dalle analisi di varie istituzioni, tra le quali la BCE) lo stock di titoli detenuti, e non il flusso di acquisti, diventa più comprensibile il fatto che sinora il programmato processo di uscita graduale dal QE non abbia provocato scossoni sui mercati. D’altra parte se le condizioni cicliche dovessero mantenersi robuste nei prossimi trimestri, ed in particolare se l’inflazione dovesse mostrare una maggiore dinamicità, è facile immaginare uno scenario in cui l’estrema gradualità dell’uscita dal QE possa essere riconsiderata dai mercati e dalle stesse banche centrali.
INDICE PMI CONTINUA A PUNTARE A CRESCITA ROBUSTA
Nonostante una moderata diminuzione della componente servizi rispetto a settembre, l’indice PMI composito per l’area euro rimane su livelli elevati a ottobre. Il declino è probabilmente dovuto a Italia e Spagna, i cui indici nazionali verranno rilasciati in settimana, dal momento che il risultato combinato degli indici nazionali in Francia e Germania avrebbe suggerito un indice più elevato. Separatamente, l’indice IFO tedesco ha toccato a ottobre un nuovo massimo assoluto.
Da notare che l’indice PMI è il singolo indicatore più efficiente nella stima della crescita del Pil dell’area euro. Martedì è in uscita la prima stima del Pil del terzo trimestre e l’indice punta ad una crescita trimestrale robusta, attorno allo 0,5%, che è anche non sorprendentemente la stima di consensus. Questo risultato trimestrale si tradurrebbe in un 2,4% annuale, la crescita più elevata dal 1Q2011. Il primo mese del quarto trimestre suggerisce che questo ritmo di crescita rimane raggiungibile anche per l’ultimo trimestre dell’anno. Tutto ciò produrrebbe una crescita 2017 del 2,3%, il terzo anno consecutivo di crescita superiore al potenziale.
L’indice PMI possiede anche una certa relazione con il livello dell’indice Euro Stoxx; una semplice regressione lineare permette di avere un’idea, seppur vaga, di dove il mercato azionario dell’area euro dovrebbe trovarsi basandosi solo sulle condizioni macro. Il grafico in alto a destra illustra l’andamento del PMI composito, dell’Euro Stoxx effettivo e di quello stimato (regressed); le differenze tra gli ultimi due sono in certe fasi evidenti e testimoniano dell’eccessiva semplicità del modello. Al momento l’indice si troverebbe circa il 7% al di sopra di quanto stimato sulla base dei soli fattori macro, con questo gap spiegato da tutti gli altri fattori esplicativi (tassi, valutazioni, posizionamento degli investitori, fattori geopolitici, etc) che non trovano posto in questa semplice analisi.
LA SETTIMANA
– Negli USA il FOMC della Fed (attese di tassi invariati e possibilmente qualche modifica al comunicato che prenda in considerazione la continua forza del settore manifatturiero) e i dati sul mercato del lavoro (venerdì) sono una distrazione rispetto alla nomina del nuovo presidente della Fed che dovrebbe arrivare entro venerdì, prima della partenza di Trump per l’Asia.
– Nell’area euro, oltre al già citato Pil del terzo trimestre, sono in uscita i numeri preliminari dell’inflazione di ottobre nei quattro grandi paesi. Per l’area nel suo insieme il consensus si attende inflazione annuale al 1,4% dall’1,5% del mese precedente (core invariato al 1,1%).
– In calendario anche i meeting della Banca d’Inghilterra (attese per un rialzo di 25 punti base) e della Banca del Giappone (nessuna variazione dei tassi attesa).