Un importante caveat: la reazione del mercato alla vittoria del No andrà giudicata nei prossimi giorni. Tuttavia, non si può non osservare che la prima reazione appare piuttosto composta, specialmente considerando che la scorsa settimana il mercato aveva corretto il forte movimento ribassista dell’azionario e l’allargamento dello spread Btp-bund degli ultimi mesi. Troppo presto per dire, ma oggettivamente in queste prime ore sembra sia in atto una dinamica simile a quella vista dopo la Brexit e l’esito delle elezioni USA, quando, i timori di una reazione fortemente avversa dei mercati sono stati smentiti.
Riepilogando: lo spread Btp-bund ha toccato un minimo (locale) attorno a 113 punti base verso la metà di agosto, prima che due fattori (dinamica dei sondaggi + movimento al rialzo dei rendimenti globali) lo portassero a toccare un massimo poco sotto i 190 pb; venerdì lo spread era ritornato verso i 162 pb e stamane viaggia sotto i 170 pb. La scorsa settimana il FTSEMIB ha messo a segno una buona performance assoluta (+3,5%) e soprattutto relativa verso gli altri mercati europei (Euro Stoxx -1%); stamane l’indice sottoperforma il resto dei mercati europei ma è in rialzo di circa al’1%.
L’indice delle banche italiane (marginalmente negativo) sottoperforma l’indice generale, ma performa in linea con le altre banche europee. Per quanto riguarda l’euro-dollaro, dopo una certa volatilità il cambio si è stabilizzato sui livelli di venerdì scorso.
E’ evidente che da questo punto in poi il sentiero che prenderanno gli eventi detterà la dinamica di mercato. Lo spettro delle opzioni possibili va dalla formazione di una nuova coalizione simile all’attuale in 3 termini di composizione, a elezioni anticipate, che paiono improbabili, ma che costituiscono lo scenario avverso per i mercati.
Il tono della settimana sarà ovviamente dettato dalla digestione del risultato referendario e dalle ripercussioni di questo sul quadro politico. In aggiunta, un evento al centro dell’attenzione è il Governing Council della BCE di giovedì. Il meeting cade in una fase in cui operano due forze divergenti. Da un lato la nozione che il quantitative easing sia nella sua fase terminale (peak QE) a causa del miglioramento del quadro ciclico dell’area euro e del mutamento di paradigma a livello globale nella percezione dell’efficacia delle politiche economiche (+ politica fiscale, – politica monetaria). Dall’altro lato la consapevolezza che un ritiro del programma di acquisti adesso potrebbe avere effetti dirompenti sulla struttura dei tassi, già sotto pressione dalla risalita dei rendimenti globali.
Il meeting si aprirà come usuale con una disanima degli sviluppi ciclici dell’ultimo mese che evidenzierà:
1. Il miglioramento degli indicatori di fiducia;
2. Una risalita dell’inflazione, che rimane ad un livello molto basso nell’area euro (0,6% a novembre rispetto a un anno fa), ma con pressioni che cominciano a farsi evidenti in Germania;
3. Un continuo miglioramento del mercato del credito, con una crescita del 2,1% dei prestiti alle società non-finanziarie in ottobre (livello più elevato dal 2011).
Il consensus così come risulta dalle survey Reuters e Bloomberg si attende:
– Un’estensione degli acquisti di titoli a dopo il marzo 2017 e un mantenimento dell’attuale ammontare di acquisti mensili (80 mld);
– Cambiamenti nei parametri del programma per affrontare il problema della scarsità;
– Un inizio del progressivo ritiro del programma di acquisti nel terzo trimestre del 2017; Il livello di inflazione ritenuto sufficiente per l’inizio del ritiro è attorno all’1,5%.