L’industria alimentare nazionale rappresenta da tempo uno degli elementi di maggiore identificazione e riconoscibilità dell’Italian way of life nel mondo, nonché uno dei pilastri del sistema export italiano. Il nome “Made in Italy” è diventato negli anni un vero e proprio brand. Vari studi ne confermano l’importanza a livello mondiale e l’interesse degli utenti per il Made in Italy continua a crescere. Nel 2013 le ricerche su Google relative ai settori del Made in Italy sono cresciute dell’12% a/a. Positivamente stabile la crescita delle ricerche sull’Agroalimentare Made in Italy, che si conferma la categoria con la crescita maggiore in 5 Paesi: Brasile, Francia, Germania, Cina e Giappone.
L’agroalimentare italiano fonda il suo successo sulla buona immagine e riconoscibilità dei propri prodotti (all’estero quanto presso i consumatori italiani), sulle produzioni di qualità o ancora su sistemi produttivi integrati su base territoriale (movimento cooperativo, distretti, ecc.) che richiedono necessariamente una stretta integrazione tra le varie fasi di produzione così come tra sistema produttivo e territorio.
Mentre le maggiori criticità sono legate sia a fattori strutturali del tessuto produttivo (ad es. le ridotte dimensioni medie d’azienda), quanto ai riflessi di un sistema Paese scarsamente competitivo in termini di dotazioni infrastrutturali (sistema dei trasporti e della logistica, rete energetica, ecc.), servizi e costi associati.
Secondo i dati presentati da Riccardo Masoero, responsabile dell’ufficio Studi Territoriali e Settoriali di UniCredit, nell’ultimo decennio si è verificato un profondo processo di ristrutturazione del sistema agricolo toscano, in linea con quanto avvenuto a livello nazionale: si è ridotto il numero delle aziende agricole (quasi 73 mila; -40% rispetto a 10 anni fa), mentre è cresciuta significativamente (+47%) l’estensione media unitaria.
La Toscana è però ancora caratterizzata da un rilevante peso delle aziende agricole di limitata dimensione: il 67% delle aziende ha una dimensione inferiore ai 5 ha (in Italia è il 73%) e l’80% ha meno di 10 ha. Il valore della produzione agricola toscana nel 2013 è stato di circa 2,7 mld/€ (pari al 5,1% del totale nazionale), questa vede una specializzazione particolare nel settore vivaistico, nella zootecnia e nel vitivinicolo.
In provincia di Siena la coltivazione della vite detiene una forte incidenza sul tessuto produttivo locale: le aziende senesi, con una dimensione media superiore al dato regionale, hanno prodotto nel 2013 il 38% della produzione vitivinicola toscana con una crescente presenza di marchi di qualità: 5 vini DOCG e 14 DOC. In tema di export nel 2013 la provincia di Siena ha esportato oltre 270 mln/€ di vino (+5,3% a/a), per un peso sul totale dell’export vitivinicolo toscano del 37%. Il vino rappresenta il 90% (in valore) delle esportazioni di prodotti agroalimentari della provincia di Siena.
“L’agroalimentare è senza dubbio un volano per lo sviluppo territoriale senese – ha affermato Massimo Guasconi, Presidente della Camera di Commercio di Siena – In termini di produzioni di qualità siamo in grado di competere nei mercati internazionali e ci adoperiamo affinché le imprese usufruiscano di un supporto non solo in termini di organizzazione di iniziative all’estero, ma anche di conoscenza dei mercati, di modalità operative e strumenti per rendere più efficaci le azioni di internazionalizzazione.
L’obiettivo del Forum è stato quello di illustrare agli imprenditori del settore le opportunità esistenti in termini di servizi bancari, finanziari e doganali, nonché le possibili strategie per presidiare lo scenario internazionale.
La Camera di Commercio di Siena con il supporto tecnico-operativo di Promosiena continuerà ad impegnarsi affinché le eccellenze del Made in Siena siano portavoce della qualità del nostro territorio nel mondo, anche in presenza di pesanti tagli alle risorse”.
Il settore vitivinicolo regionale presenta una significativa qualificazione della produzione: nel 2013 oltre il 94% della produzione sistemi di qualità certificata. Rispetto al 2006 si è ridotto il ruolo delle produzioni indifferenziate e degli IGP, mentre è cresciuta l’incidenza delle produzioni a marchio DOP (che sono quelle con maggior caratterizzazione territoriale).
Cristiana Colli, sociologa dello Studio AASTER nel suo intervento ha rilevato che la struttura di organizzazione agraria predominante in Toscana (così come in tutta l’Italia Centrale) nel suo complesso ha saputo tenere assieme nel corso dei secoli sviluppo economico, coesione sociale e vivacità politica, permettendo, in tempi recenti, l’affermarsi di un processo di industrializzazione senza fratture, sino ai giorni nostri in cui il particolare connubio tra agricoltura di eccellenza, paesaggio, qualità della vita, ha aperto una prospettiva meritevole di essere giocata all’interno di un’area geografica ancora sospesa tra le due polarità della scarsità di risorse agricole, da una parte, e della finanziarizzazione delle commodities alimentari, dall’altra. Di questi scenari ma anche di case history creditizie e parametri di valutazioni finanziarie si è discusso questo pomeriggio a Siena presso l’auditorium della Camera di Commercio.
All’incontro hanno partecipato Massimo Guasconi, Presidente C.C.I.A.A. di Siena, Bruno Valentini, Sindaco di Siena, Stefano Giorgini, Area Manager Toscana Est UniCredit e Luca Lorenzi, Deputy Regional Manager Centro Nord UniCredit. Le relazioni sono state tenute da Riccardo Masoero, responsabile della Territorial and Sectorial Intelligence UniCredit, Stefano Bucciarelli, Responsabile Crediti Regione Toscana di UniCredit e Mauro Bambagioni specialista agricoltura UniCredit.
Rosita D’Amore, Direttore dell’Ufficio delle Dogane di Arezzo, è intervenuto sulle semplificazioni in materia doganale mentre Mauro Rosati, Direttore Generale Fondazione Qualivita, ha affrontato il tema delle certificazioni DOP e IGP, quale valore aggiunto per i prodotti sul mercato.
Hanno portato le loro esperienze di aziende operative nel territorio Diana Lenzi, Fattoria di Petroio, Andrea Zingarelli, Rocca delle Macie, Mario Piccini, Tenute Piccini.
La sociologa Cristiana Colli, ricercatrice AASTER, ha tirato le conclusioni della giornata di lavoro ed ha aperto il dibattito tra i partecipanti.
“In uno scenario come quello col quale devono confrontarsi oggi le aziende locali del settore oggi – ha commentato Stefano Giorgini, Area Manager UniCredit – è necessario puntare su innovazione, internazionalizzazione, marketing, tutela della qualità del prodotto. Dal nostro punto di osservazione bancario posso dire che questo distretto si è posizionato su una fascia alta che gli ha consentito di ritagliarsi un ruolo da protagonista nei rispettivi mercati di riferimento.
Fondamentale è stato il ruolo delle grandi aziende, familiari in primis, che hanno fatto “cultura” di settore ed hanno contribuito a sviluppare un know how qualificato creando le basi per ulteriori futuri sviluppi.
Inoltre, in considerazione del fatto che l’internazionalizzazione è uno dei punti di forza di questo settore, mi sembra importante sottolineare il contributo della nostra banca che in tutta la regione con il programma UniCredit International nel 2104 ha consentito di accompagnare 265 aziende ad avviare o incrementare il proprio business all’estero”.