C’è voluta veramente tanta fatica e questo le persone arrestate lo sapevano sin dall’inizio: non sarebbe stato facile andarli a prenderle nella boscaglia dove spacciavano.
Vendere droghe in un bosco comporta tanti vantaggi: pochi se ne rendono conto, non si crea allarme sociale se non nei rari frequentatori di quelle campagne, le forze dell’ordine potrebbero non avere notizie chiare e tempestive della situazione che, alla fine, è nota e dà fastidio solo a pochi, ed è anche possibile che neppure conoscano la questione, tanto più se le aree boschive di spaccio cambiano piuttosto spesso, alternate fra località varie ai confini di due o tre province: in questo caso Siena, Grosseto e Pisa. La fuga è facile ed è facile sentire chi si muove in un bosco, gli estranei che vengano a ficcare il naso avranno forti difficoltà a sfuggire all’attenzione dei pusher.
Tutti questi aspetti non hanno scoraggiato i carabinieri del Nucleo Investigativo di Siena che si sono buttati a capofitto nell’indagine. Tre militari hanno monitorato i boschi di “Tonni”, nel comune di Sovicille per circa un anno, hanno preso freddo, umidità, caldo, morsi di zanzare, hanno condotto la vita spartana dei maghrebini che andavano “curando”. Si sono anche chiesti come si possa fare a dormire d’inverno in una tenda in mezzo al bosco quando le temperature vanno sotto lo zero, perché hanno compreso da subito che quei tre o quattro spacciatori dal bosco non si muovevano mai, quasi fossero guerriglieri del Rio delle Amazzoni.
Si facevano portare quanto serviva loro: acqua, cibo ed altro dai loro clienti, dagli acquirenti di eroina, cocaina e altre sostanze. In un caso almeno si sono fatti portare anche una prostituta, di sicuro spesso delle batterie di auto, per ricaricare i loro cellulari, quelli che adoperavano per tenere i contatti con i tossicodipendenti. Pur alimentando la tossicodipendenza degli altri, loro non avevano nemmeno il vizio del fumo.
Gli acquirenti dovevano percorrere con le auto e a piedi le stradine che dicevano loro, li avrebbero accolti impugnando un machete per far comprendere che non si scherzava. Una cinquantina di acquirenti, provenienti da Siena e dintorni, si sarebbero procurati le sostanze in questo modo, per poter alimentare il vizio. Gli spacciatori si sarebbero invece spostati più volte, verso Murlo dalle parti di Bagnaia, verso Monticiano, dalle parti di Iesa, ma ormai i carabinieri avevano intercettato i loro cellulari ed erano anche in grado di localizzarli entro ambiti relativamente ristretti, le celle telefoniche.
Le indicazioni variavano di giorno in giorno: “Arriva all’incrocio sullo sterrato, gira a destra, gira a sinistra, poi parcheggia la macchina, prosegui a piedi, ti verremo a prendere”. I malviventi erano molto prudenti, guardinghi. Ogni volta che, anche accidentalmente, transitava un’auto dei carabinieri con colori d’istituto o comunque un’auto sospetta, cambiavano zona facendosi scarrozzare altrove dai loro clienti. Portavano via la tenda, le coperte, i teli di nylon e le loro poche cose da un’altra parte e ricominciavano il gioco. Spacciavano soprattutto di notte.
Fare una vita del genere non è da tutti, non lavarsi per settimane tenendo sempre gli stessi vestiti, mangiare quasi sempre cibo freddo, dormire per terra all’addiaccio con qualunque tempo, anche sotto la pioggia battente, è disumano. All’inizio i carabinieri non ci potevano credere. Quella capacità di sacrificio era degna di migliori fini. Era poi impossibile avvicinarsi non visti alle aree di spaccio: con atteggiamento quasi militare, a turno uno dei marocchini faceva la sentinella.
Nell’ultima fase dell’indagine i carabinieri hanno preso ad effettuare dei recuperi di droga, facendo fermare dai colleghi le auto degli acquirenti anche lontano da Tonni, per non destare sospetto. Le sostanze appena acquistate sono state sequestrate e qualcuno degli acquirenti ha raccontato quello che i carabinieri già sapevano, ma tali contributi sono stati anche utili a ricostruire le identità dei quattro.
Questo infatti è stato il problema più grosso: pervenire all’identificazione degli spacciatori, quei “signori nessuno”, che era difficile poter fotografare. Fortunatamente in qualche circostanza uno di loro è andato a Bientina e questo ritorno nella società civile ha permesso una prima identificazione.
Tanti riscontri infine hanno infine consentito di dare un nome e un volto ai quattro che, tutti, avevano un cartellino segnaletico e magari qualche alias. Giunti alle ordinanze di custodia cautelare in carcere, richieste dai carabinieri del Nucleo Investigativo, condivise dal PM Niccolò Ludovici, emesse dal GIP Roberta Malavasi, si è trattato di andarle ad eseguire.
Nel frattempo però i quattro si erano spostati e non è stato facile rintracciarli. Il riferimento di Bientina si è rivelato fondamentale. Dopo qualche giorno di osservazione, due dei quattro sono stati catturati dai militari del Nucleo Investigativo senese all’interno dell’appartamento che era stato localizzato dagli uomini dell’Arma. Gli altri due sono stati catturati molto più tardi in provincia di Grosseto e assicurati alla giustizia con molta fatica.
La lotta contro lo spaccio nei boschi da parte dei carabinieri della provincia di Siena continua con tutti i mezzi possibili, con battute nei boschi in cui sono impiegati anche i carabinieri forestali, e con l’ausilio di un elicottero dell’elinucleo carabinieri di Pisa.
Nessuno si lamenta troppo perché il fenomeno si conosce poco, non è molto visibile. Si tratta di una sorta di controguerriglia. Ieri, due carabinieri della Compagnia di Montalcino, con molto coraggio e abilità, hanno catturato nei boschi che portano nella Maremma due marocchini ai quali hanno sequestrato quindici palline di eroina: solo il maggiorenne è stato arrestato, il connazionale minorenne che era con lui è stato denunciato a piede libero. I militari hanno approfittato di una giornata di vento e con ottima iniziativa li hanno catturati entrambi in una fitta area boschiva, essendo riusciti con molta astuzia ad avvicinarsi quanto basta perché non riuscissero a darsi alla fuga con efficacia. Due soli carabinieri, rischiando anche di prendersi una coltellata, sono riusciti a placcarli a terra mentre i delinquensti stavano scappando in direzioni diverse, allontanandosi dalla loro tenda. I malfattori hanno potuto compiere solo poche falcate e si sono ritrovati a terra a pancia in giù, pronti ad essere ammanettati.
Tali iniziative continueranno nelle prossime settimane, anche con azioni di disturbo, in maniera da rendere molto difficile la vita agli spacciatori che costituiscono però davvero un osso duro.
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