IL QUADRO
– La dinamica della correzione in corso e il dibattito sulla sua vera natura sono i temi che accompagneranno il mercato questa settimana
– L’evento chiave è l’inflazione USA in uscita mercoledì: un numero superiore alle attese confermerebbe che la correzione non sia attribuibile solo a fattori tecnici temporanei, bensì giustificata dai fondamentali
LA CORREZIONE IN BREVE
Ci sono decenni in cui non accade nulla e ci sono settimane in cui sembrano passati decenni (Vladimir Lenin).
Questi i principali fatti stilizzati di una settimana problematica:
– S&P500: il sell-off di lunedì scorso (-4,1%) è il più severo dall’agosto 2011 (downgrade del debito USA) e l’indice si trova ora in territorio comunemente definito correttivo, con una variazione dal massimo del 26 gennaio attorno al 10%.
– VIX: l’aumento della volatilità dello S&P500 di lunedì (+20 punti a 37,3) è il più rilevante mai registrato e ha dato avvio ad un processo di ribilanciamento del rischio di una serie di strumenti che ha esacerbato il movimento correttivo.
– Euro Stoxx e altri indici azionari: il sell-off ha riportato quasi tutti gli indici (con l’eccezione del FTSEMIB) in territorio negativo da inizio anno.
– Altre asset class: il contagio alle altre asset class rischiose è stato sinora limitato. Le obbligazioni high yield hanno ceduto circa l’1%, mentre i governativi dei paesi emergenti circa il 2%.
LE INTERPRETAZIONI
Il mercato è andato incontro a questa fase correttiva consapevole che il livello di euforia era molto elevato, ma convinto che una correzione significativa fosse ancora lontana. Circa due terzi degli intervistati (fonte: Goldman Sachs, Quickpoll Markets Views, febbraio 2018) si attendevano un eventuale bear market sui mercati azionari (S&P500 -20% o più) non prima di dodici mesi, con la causa scatenante il ciclo economico (33% degli intervistati) e con solo il 14% che si attendeva una correzione scatenata da un fattore tecnico. Semplificando, tre interpretazioni alternative sono emerse:
Correzione salutare: all’interno di un bull market di durata e entità storicamente rilevante, un episodio di debolezza è utile per riaggiustare valutazioni particolarmente care e dare un’opportunità a chi è rimasto estraneo al rally di riorientare il proprio portafoglio in senso più aggressivo.
Episodio tecnico: secondo questa interpretazione, il movimento sarà riassorbito una volta che il ribilanciamento del rischio su alcuni segmenti del mercato sarà completato. La correzione ha subito un’accelerazione in concomitanza con un drastico aumento della volatilità che ha costretto una serie di attori, che gestiscono prodotti che implicitamente beneficiano da un ambiente di bassa volatilità, a liquidare posizioni in maniera automatica. Un certo numero di questi prodotti (ETF strutturati essenzialmente come posizioni corte sull’indice VIX) sono in fase di liquidazione dopo che il loro valore è sceso rapidamente verso lo zero. Il grafico sotto mostra la salita dell’indice VIX e la contemporanea discesa del NAV dell’ETF (da c.a. 20 a 140 in due anni e da 140 a zero in pochi giorni).
Una seconda classe di prodotti particolarmente colpita in questa fase è costituita dai fondi (risk parity, bilanciati) che beneficiano di una correlazione negativa tra azioni e obbligazioni, elemento che consente di diminuire la volatilità totale del portafoglio. L’aumento della correlazione tra i due mercati che si sta verificando, con la loro discesa contemporanea, obbliga i gestori di questi fondi a cercare in qualche modo protezione ai loro portafogli.
Bear market (inizio di): l’esplosione della volatilità non è altro che un epifenomeno; il vero motore della correzione è l’alto livello di valutazione dei mercati associato ad un posizionamento degli investitori aggressivo dettato da un sentiment oltremodo euforico. La ripresa dell’inflazione è una delle modalità che guiderà la prosecuzione della correzione e la sua trasformazione in un bear market, agevolando uno sgonfiamento di questa bolla.
LA CORREZIONE IN PROSPETTIVA
L’attuale bull market è iniziato il 9 marzo 2009 (minimi dello S&P500 e Eurostoxx) ed è stato interrotto da diversi episodi correttivi. Il grafico riporta il drawdown dello S&P500, cioè la distanza che ogni giorno separa l’indice dal precedente massimo raggiunto. Ad esempio: l’attuale episodio correttivo, iniziato il 26 gennaio, vede un drawdown attorno al 10%, in linea con alcuni episodi precedenti e meno severo di quelli visti nell’agosto 2015 e nel febbraio 2016.
LA SETTIMANA
Un test importante dell’ipotesi che quella attuale sia una debolezza temporanea causata da fattori tecnici è proprio dietro l’angolo e si materializzerà mercoledì con il rilascio dei dati sull’inflazione USA di gennaio, l’evento su cui più si concentra l’attenzione degli investitori. Il consensus si attende una variazione mensile dello 0,4% per l’indice generale e dello 0,2% per il core (depurato delle componenti più volatili), numeri che si tradurrebbero in un’inflazione annuale del 2% e 1,7% (verso 2,1%/1,8% a dicembre rispettivamente).
Ricordiamo che la recente fase negativa ha subito un’accelerazione proprio venerdì 2, dopo l’uscita dei dati sui salari orari che hanno evidenziato una netta accelerazione. Con una pluralità di indicatori che suggeriscono che in questa fase del ciclo l’inflazione dovrebbe accelerare decisamente, è naturale attendersi una estrema sensibilità del mercato ad un numero superiore alle attese. In verità, una ripresa dell’inflazione che mette in moto una risalita dei rendimenti più marcata di quanto implicito nelle attese è considerato il rischio principale per questo bull market.
In aggiunta all’inflazione USA, nell’area euro è in programma il rilascio della seconda stima del Pil del quarto trimestre (attesa una revisione allo 0,7% trimestrale contro il 0,6% della prima stima). In uscita anche i dati relativi alla crescita italiana: il consensus si attende uno 0,4/0,5% trimestrale che corrisponderebbe ad un 1,7/1,8% annuale e consentirebbe di chiudere il 2017 con una crescita media dello 1,5/1,6%.