IL QUADRO
– Azioni, obbligazioni e credito in discesa all’unisono in settimana, con debolezza che prosegue stamane. Una varietà di elementi proposti per il movimento (debolezza di alcune valute paesi emergenti/high yield USA, tensioni in Arabia Saudita e collegato rialzo del 9% del prezzo del petrolio, riforma fiscale negli USA), ma nessuno particolarmente convincente.
– Questa settimana il focus è sull’inflazione USA (inferiore alle attese in sei degli ultimi sette mesi) e sull’attività in Area Euro (Pil Q3). Previsto anche il voto della Camera USA sulla riforma fiscale.
COSA HANNO DA DIRCI LE OBBLIGAZIONI HIGH YIELD?
Con le valutazioni di molte asset class storicamente elevate, gli investitori sono estremamente sensibili a indizi che, da qualche parte, si stia sviluppando un punto di svolta sui mercati. Tutto l’universo delle obbligazioni non governative tratta su livelli di rendimento e/o di spread storicamente molto bassi. Questo per buoni motivi: la rilassatezza dell’azione delle banche centrali, l’assenza di inflazione, la crescita robusta sono tutti fattori che favoriscono questi strumenti, determinando grossi afflussi di capitali. In questo tipo di ambiente è facile che una anche minima perturbazione abbia effetti spropositati; ed è precisamente quello a cui si è assistito questa settimana sulle obbligazioni high yield (HY). Il movimento negativo (gli indici HY USA e EUR sono calati di circa lo 0,7%) è da attribuire al generalizzato ambiente di risk-off e a un elemento idiosincratico: il settore delle telecomunicazioni USA ha visto alcuni report negativi sugli utili del terzo trimestre, all’interno di una stagione degli utili globalmente positiva per gli altri settori. Questo settore pesa per il 10% nello S&P500, ma è il più significativo (20%) negli indici HY USA.
Le prossime settimane ci indicheranno se questo movimento è destinato a riassorbirsi o se si propagherà alle altre asset class rischiose, azionario in primis.
PIL ITALIANO: IMPORTANTE CHECK SULLO STATO DELL’ECONOMIA
Di solito non è scontato che i numeri macro italiani siano di particolare interesse per il mercato. Tuttavia, nell’attuale fase un check sullo stato dell’economia appare come particolarmente utile ed è quindi probabile che il Pil del terzo trimestre (Q3), in uscita martedì, attragga una certa dose di attenzione.
– Il mercato sta cominciando a elaborare come approcciare il prossimo grosso evento domestico: le elezioni politiche della prossima primavera. La linea di ragionamento qui è che maggiore è la forza dell’economia e del mercato del lavoro, minore è la probabilità di un risultato sgradito al mercato.
– La crescita è uno dei fattori che determina l’evoluzione dello stock di NPL del sistema bancario italiano, elemento che condiziona la performance delle azioni bancarie e che, dato il peso del settore e la sua volatilità, guida l’andamento del FTSEMIB.
– Nelle ultime settimane i rendimenti dei Btp e lo spread Btp-bund hanno registrato un forte calo e si trovano su livelli sostenibili solo in uno scenario di crescita virtuoso.
Le previsioni di consensus vedono una crescita sul secondo trimestre dello 0,5%, che si tradurrebbe in un 1,7% annuale. Se il consensus sarà rispettato, e con i dati di tre trimestri noti, il risultato finale del 2017 sarebbe praticamente determinato e pari al 1,4/1,5%, il tasso di crescita più elevato dal 2010, quando una crescita dell’1,6% era seguita al collasso del 5,5% del 2009. Sarebbe necessaria una crescita trimestrale pesantemente negativa (-0,3%) per portare la crescita 2017all’1,3% e una crescita dello 0,6% per portarla all’1,6%.
LA SETTIMANA
– Oltre al Pil italiano, nell’area euro vedremo la seconda stima del Pil del Q3, che dovrebbe essere confermata allo 0,6% trimestrale (2,5% annuale), e i dati definitivi dell’inflazione di ottobre, che nelle stime preliminari si era rivelata inferiore alle attese (1,4%, core: 0,9% a/a). Da segnalare anche la tavola rotonda domani a Francoforte con i governatori delle quattro principali banche centrali (Fed, BCE, Banca del Giappone e Banca d’Inghilterra).
– Negli USA è in programma l’inflazione (attese per 2%/1,7% annuale per indice principale e core, ma inflazione inferiore alle attese in sei degli ultimi sette mesi) e le vendite al dettaglio di ottobre. In programma anche il voto della Camera USA sulla riforma fiscale.