IL QUADRO
La scorsa settimana lo S&P500 ha toccato un nuovo massimo storico e per la prima volta in diversi mesi ha sovraperformato gli altri indici azionari. In attesa dei due importanti meeting di politica monetaria del prossimo mese (BCE: 8 giugno, Federal Reserve USA: 14 giugno) l’attenzione sui mercati è catalizzata da alcuni sviluppi politici e dal flusso di dati macro.
Pil USA/Elezioni UK/Petrolio/Brasile
Il Pil del primo trimestre (Q1) negli USA è stato negli ultimi mesi argomento di dibattito. La prima stima (0,7% trimestrale annualizato) è stata interpretata come un temporaneo rallentamento a cui sarebbe seguito un secondo trimestre robusto, cosa che avrebbe permesso alla Fed di procedere ad un rialzo dei tassi a giugno, evento a cui il mercato attribuisce una probabilità superiore al 90%. La revisione del Q1 al 1,2% rilasciata la scorsa settimana e l’evoluzione delle stime di crescita nel Q2 (l’indicatore GDPNow della Fed di Atlanta indica un 3,7%) rafforzano questa convinzione.
A meno di due settimane dal voto in Gran Bretagna (8 giugno), il vantaggio dei conservatori sui laburisti si è assottigliato da 22 punti percentuali 2 settimane fa a 9 punti la settimana scorsa a soli 5 punti immediatamente dopo la strage di Manchester. Vari commentatori sottolineano che, anche escludendo una improbabile continuazione di questo trend e un sorpasso dei laburisti (che equivarrebbe ad un clamoroso suicidio politico per la May e i conservatori) questo sviluppo complica i piani del governo inglese, di gestire il processo della Brexit con una sostanziosa maggioranza parlamentare. Nella stessa direzione va la performance poco brillante dell’economia, con una crescita del primo trimestre che è stata rivista al ribasso allo 0,2% sul trimestre (2% sull’anno). Questi due elementi si sono riflessi in un sostanzioso deprezzamento della sterlina.
Un altro movimento di mercato degno di menzione è stato il brusco declino del prezzo del petrolio all’indomani di un meeting OPEC, il cui risultato è stato giudicato evidentemente troppo timido. L’OPEC ha deciso di estendere i tagli alla produzione di nove mesi sino a marzo 2018. Il prezzo del petrolio aveva registrato un aumento del 12% dai minimi del 4 maggio, perdendo il 5% dopo l’annuncio.
In Brasile, dopo il collasso seguente allo scandalo che ha coinvolto il presidente Temer, si è vista una certa stabilizzazione di valuta , azionario e obbligazionario la scorsa settimana. L’attenzione è ora puntata sul 6-8 giugno, quando il tribunale elettorale supremo dovrà decidere se durante la campagna elettorale del 2014 si sono avuti casi di finanziamenti illegali; questo è solo il primo degli ostacoli ad una continuazione del mandato di Temer. Da sottolineare che sinora la performance dei paesi emergenti, pur appesantita dal declino degli asset brasiliani, non è stata contagiata oltremodo. Il MCSI paesi emergenti è salito del 2,1% in settimana, e la performance da inizio anno è vicina al 18%.
LA SETTIMANA
– Negli USA sono in programma i dati sull’indice ISM e sul mercato del lavoro di maggio. A meno di sorprese negative, entrambi i dati dovrebbero mantenere il mercato dell’idea che la Fed procederà co un rialzo dei tassi il 14 giugno.
– Nell’area euro il focus è sui dati dell’inflazione di maggio. Dopo un bimestre (marzo-aprile) caratterizzato dalle distorsioni derivanti dalla differente tempistica della Pasqua rispetto all’anno scorso (riflesso nella dinamica dei prezzi di viaggi e vacanze), il consensus si attende un’inflazione annuale all’1,5%, dopo 1,9% ad aprile e 1,5% a marzo. Il tasso core (depurato dalle componenti più volatili) è visto all’1% (1,2% ad aprile, 0,7% a marzo).