(l’ex presidente Giuseppe Mussari, l’ex dg Antonio Vigni e l’ex responsabile dell’area finanza, Gianluca Baldassarri). I tre erano stati condannati in primo grado dal tribunale di Siena per concorso in ostacolo alla vigilanza a tre anni e sei mesi, e cinque anni di interdizione dai pubblici uffici. Nessuno degli imputati era presente.
Il presidente del collegio, Roberto Mazzi (coadiuvato da Paola Masi e Giovanni Perini) ha preso atto del deposito di “corpose memorie” da parte dei difensori: Cipriani e Dinacci per Baldassarri; Pisillo e Padovani per Mussari; Di Martino e Coppi per Vigni.
La prossima udienza è stata fissata per il 23 giugno, quando parleranno il pg e le parti civili (c’è solo Banca d’Italia), mentre il 29 giugno la parola passerà alle difese e l’ultima udienza fissata, al momento, è quella del 7 luglio. Il processo di Siena nasce da una costola dell’inchiesta condotta dalla procura senese sull’acquisizione di Antonveneta da parte di Mps. Mussari, Vigni e Baldassarri sono accusati di aver nascosto il ‘mandate agremeent’, il contratto stipulato dall’istituto senese con la banca giapponese Nomura per la ristrutturazione del derivato Alexandria, evitando così di scrivere una perdita in bilancio. La sentenza di primo grado fu pronunciata dal giudice Leonardo Grassi il 31 ottobre 2014. Un mese dopo tutte le carte relative ad Antonveneta e ai derivati Alexandria e Santorini vennero trasferite a Milano dove ieri si è aperto il processo contro 16 imputati: oltre agli ex vertici di Rocca Salimbeni ci sono anche gli allora responsabili in Italia di Nomura e Deutsche Bank.