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SALUTE e BENESSERE

Sanità, la legge di riforma approvata dalla Giunta regionale

16 Novembre 20156 minuti di lettura
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La proposta approvata dalla giunta comprende modifiche alla legge regionale n.40/2005 (Disciplina del servizio sanitario regionale) e alla legge regionale 28/2015 (Disposizioni urgenti per il riordino dell’assetto istituzionale e organizzativo del servizio sanitario regionale). Il testo è il risultato di un intenso lavoro svolto nell’arco dell’ultimo mese, attraverso incontri con sindacati, associazioni, società scientifiche, operatori; ha recepito anche i contributi inviati direttamente dagli operatori sulle pagine web dell’assessore Saccardi, nello speciale SanitàdiTutti; e i risultati della giornata partecipata che si è svolta a Spazio Reale, San Donnino, lo scorso 7 novembre, con la partecipazione di 650 tra cittadini, operatori, amministratori locali. La proposta di legge approvata dalla giunta passa ora al Consiglio.

“Ringrazio quanti hanno contribuito alla stesura di questa proposta di legge – dice l’assessore Saccardi – Abbiamo voluto che il confronto fosse il più ampio possibile, per condividere con i cittadini, gli operatori, gli amministratori locali, il processo di riorganizzazione del sistema socio-sanitario in atto in Toscana. Voglio sottolineare che abbiamo rispettato i tempi previsti dalla legge 28. Quando, dal primo gennaio, i direttori generali entreranno in carica, avremo già una cornice legislativa nella quale far rientrare la nuova organizzazione”.

Questa riforma consentirà ai professionisti di operare in modo più efficace e, soprattutto, offrirà una migliore assistenza per tutti i cittadini toscani, fornendo un’assistenza sicura e di alta qualità. Il nuovo modello è stato pensato per essere in grado di:
1. offrire migliori outcome di salute per i pazienti;
2. garantire una maggiore omogeneità nell’applicazione degli standard di cura;
3. assicurare migliore accessibilità per l’intera gamma di servizi compresi nell’offerta sanitaria;
4. ridurre la frammentazione nell’erogazione dei servizi;
5. massimizzare l’efficienza in un quadro di forte cooperazione tra Aziende sanitarie territoriali e Aziende Ospedaliero Universitarie e tra Aree Vaste;
6. rendere possibile e sostenibile l’introduzione ottimale delle nuove tecnologie;
7. favorire lo sviluppo di competenze secondo le differenti tipologie di specializzazione richieste;
8. creare collegamenti più efficaci del livello ospedaliero con le cure primarie e con tutti i soggetti che erogano assistenza sociale;
9. garantire una medicina di territorio sempre più accessibile, facilmente fruibile e visibile, attraverso reti capillarmente diffuse sul territorio;
10. recuperare il valore della prevenzione nei processi di tutela della salute;
11. facilitare il coinvolgimento fattivo della componente clinica nel processo di decision-making correlato alla programmazione sanitaria;
12. consentire una maggiore integrazione con la componente accademica per le attività didattiche e di ricerca nell’ambito della programmazione di Area Vasta.
13. Coinvolgere i cittadini nei processi di cura affinché non siano più “oggetto” di prestazioni ma “soggetti” di partecipazione.

Questi gli elementi fondanti della riforma:

1. Un numero ridotto di Aziende unità sanitarie locali, che passano da 12 a 3, realizzando economie di scala su diversi processi.

2. Una declinazione avanzata dell’Area Vasta, pensata per rappresentare il luogo di concertazione strategica tra l’Azienda Ospedaliero-Universitaria e l’ Azienda Sanitaria territoriale. Per la sua composizione e i meccanismi di governo individuati, questa rappresenta il luogo adeguato per l’elaborazione da parte del Direttore della programmazione di area vasta di policy in rapporto dialettico con la Regione, nonché ambito istituzionalmente forte per la capacità di sintesi e coordinamento tra le due aziende, che hanno mission diversa e concorrono alla costruzione dell’offerta complessiva. I dipartimenti interaziendali di area vasta rappresentano lo strumento di supporto alla programmazione di area vasta, attraverso l’individuazione delle modalità con cui assicurare nei vari punti della rete ospedaliera i volumi necessari a garantire, per le singole patologie, i più alti livelli di efficacia e sicurezza del trattamento.

3. Il ridisegno delle reti aziendali territoriali, destinate a garantire l’erogazione dell’assistenza primaria in forma capillarmente diffusa su tutto il territorio. Il livello di zona distretto, adeguatamente revisionato in termini di estensione, rimarrà l’ambito ottimale di lettura dei bisogni e di identificazione delle priorità di salute, poggiando per questo non solo su solidi meccanismi di raccordo istituzionale, ma anche sull’organizzazione di un sistema di cure primarie orientato alla comunità e capace allo stesso tempo di assicurare la necessaria integrazione col livello specialistico attraverso la logica delle reti cliniche e sociosanitarie territoriali.
La strutturazione delle nuove reti territoriali, connesse con le reti ospedaliere, comporta:
– il potenziamento del ruolo delle Zone Distretto come articolazione operativa fondamentale della rete territoriale per assicurare il coordinamento formalizzato degli interventi, specie per quanto attiene ai processi di integrazione socio-sanitaria, in modo da consentire a tutte le componenti di svolgere il proprio specifico ruolo nella presa in carico dei pazienti, e garantendo i livelli richiesti di qualità degli interventi;
– la realizzazione di reti cliniche e sociosanitarie integrate, strutturate per assicurare una risposta esaustiva a livello locale, con il coinvolgimento di tutti i potenziali erogatori (pubblici, privati e terzo settore) per superare la frammentarietà delle risposte, razionalizzare il sistema dell’offerta, ottimizzare e valorizzare le competenze e affermare le migliori pratiche, assicurando la continuità tra il livello primario e secondario dell’assistenza mediante l’integrazione dei professionisti coinvolti nei singoli percorsi clinico assistenziali;
– il coinvolgimento e il costante confronto con le autonomie locali al fine di assicurare, anche attraverso una corretta pianificazione, la massima condivisione sugli obiettivi, sulle strategie perseguite e sulla valutazione dei risultati raggiunti.

4. La realizzazione di una rete ospedaliera complessiva fortemente connessa con la rete territoriale, che riesca a dare risposte efficaci in tempo reale a tutti i cittadini, offrendo un servizio di qualità, assicurando l’innovazione tecnologica che crea un vero valore aggiunto per gli utenti, riducendo gli attuali costi di gestione grazie all’assenza di ridondanze operative, alla definizione di percorsi chiari ed espliciti (sia per i professionisti che per i pazienti), alla individuazione, formalmente definita, della mission di ogni nodo della rete e alla affermazione di nuove modalità di collaborazione ed interazione fra i professionisti. Le soluzioni organizzative devono facilitare l’affermazione piena e formalizzata dell’interdisciplinarietà e dell’interprofessionalità, oltre ad una forte integrazione con la medicina del territorio attraverso la realizzazione di percorsi integrati.

5. La previsione di ulteriori organismi di governo clinico a supporto dell’attività della Giunta regionale, quali il Centro regionale per le criticità relazionali, il Centro regionale per la verifica esterna di qualità dei Laboratori, il Centro di coordinamento regionale per la salute e medicina di genere.

6. Un significativo snellimento nella composizione del Consiglio Sanitario regionale e della Commissione regionale di bioetica.

La piena attuazione del modello richiede necessariamente un periodo di transizione durante il quale sarà possibile:
– affinare gli specifici strumenti di governo e gestionali e arricchire, passo dopo passo, il processo di pianificazione e di programmazione che rappresenta l’elemento cardine della riforma.
– coinvolgere i cittadini nel loro molteplice ruolo di pazienti, consumatori con aspettative crescenti e co-produttori di salute (in quanto attuatori di corretti comportamenti e stili di vita), al fine di costruire, insieme agli operatori e agli Enti locali, comunità competenti, traduttrici dei propri bisogni di salute e benessere.

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