La settimana appena passata non è certo stata avara di eventi rilevanti per il mercato. Dagli sviluppi sul fronte delle elezioni presidenziali USA, che rendono l’appuntamento di martedì più incerto rispetto a poche settimane fa, alla sentenza dell’Alta Corte UK, che sparge sabbia nell’ingranaggio della Brexit al flusso di dati macro, che si mantiene discreto. A fronte di questa inflazione di eventi, i meetings della Fed e della Bank of England sono scivolati ai margini dei radar degli investitori.
Il combinato disposto di quanto sopra non è stato gentile nei confronti dei mercati azionari, che hanno registrato cali attorno all’1,5% negli USA, del 2,5% in Giappone e superiori al 4% in Europa. I mercati hanno prezzato il rischio, precedentemente trascurato, che una vittoria di Trump possa mutare lo status quo assicurato da una vittoria della Clinton. Tuttavia, i mercati sono in rialzo stamane sulla base dell’ultima tornata di sondaggi rilasciati durante il fine settimana (dopo la marcia indietro dell’FBI), che indicano il vantaggio della Clinton riprendere quota. L’ipotesi di lavoro della maggioranza degli investitori è che una vittoria di Trump potrebbe determinare, almeno nell’immediato, una prosecuzione del movimento al ribasso, prima che le sue implicazioni in termini, tra gli altri aspetti, di politica fiscale (espansiva), protezionismo e l’impatto sul dollaro siano più chiare. Inutile dire che i mercati amerebbero una vittoria della Clinton, che quantomeno, mantenendo lo status quo, terrebbe il mondo in uno stato di cose conosciuto.
Il declino dei mercati azionari ha agevolato una pausa del movimento al rialzo dei rendimenti obbligazionari, che hanno registrato una discesa in USA, UK e Germania, ma non in Italia. Il rendimento del Btp decennale è aumentato di circa 16 punti base (pb) riportando lo spread con il bund nella parte alta del range (90-160 pb) che è prevalso dall’annuncio del programma di acquisto di titoli di stato da parte della BCE nel gennaio 2015.
Una serie di fattori hanno congiuntamente contribuito all’allargamento: la direzionalità dello spread (che tende ad allargarsi in presenza di forti movimenti al rialzo dei rendimenti), i timori di “tapering” da parte della BCE (il presidente della Bundesbank Weidman è ritornato ad agitare lo spettro in settimana) e fattori idiosincratici (referendum, settore bancario, diatriba con l’UE sugli obiettivi di finanza pubblica).
Le elezioni USA, per quanto diventate altamente problematiche, presentano la piacevole caratteristica che mercoledì mattina consegneranno un risultato chiaro (a meno di sempre possibili ricorsi e nuova conta dei voti in caso di risultato sul filo). Lo stesso non è possibile dire del processo di uscita della Gran Bretagna dall’UE. Senza voler replicare (o plagiare) le numerose e approfondite analisi che i nostri lettori possono leggere altrove, l’idea che sembra emergere è che il potere che la sentenza dell’Alta Corte attribuisce al parlamento della Gran Bretagna complica e forse allunga (rispetto alla scadenza del marzo 2017) l’uscita dall’UE, ma senza cambiare il punto di arrivo che era e sarà una la Brexit. Gli interrogativi riguardano più quanto “hard” sarà e se nel percorso nuove elezioni saranno tenute. Durante il fine settimana l’iniziativa di Corbyn (leader Labour Party) pare andare proprio in questa direzione con una serie di condizionamenti che di fatto priverebbero la Brexit dell’aspetto (controlli sull’immigrazione) più caro ai conservatori e introducendo salvaguardie sulla protezione dei diritti dei lavoratori fornita dalle norme europee. Nel frattempo il mercato ha reagito coerentemente con un lieve apprezzamento della sterlina e un declino dei rendimenti delle obbligazioni UK.
In termini prospettici, inutile dire che il risultato delle elezioni USA che emergerà mercoledì mattina sarà l’evento principale della settimana, con due sentieri ben definiti: (a) una vittoria di Trump che getterebbe le economie ed i mercati in una situazione di alta incertezza, (b) una vittoria della Clinton, che permetterebbe al mercato di ritornare in breve tempo ai temi classici riguardo il ciclo economico e le politiche monetarie e fiscali. La preponderanza delle elezioni USA è anche aiutata da un calendario leggero sul fronte dei dati macro, con nessuna uscita di rilievo negli USA mentre nell’area euro i dati in uscita riguardano la produzione industriale in diversi paesi, tra cui l’Italia.