Mezzo secolo, cinquant’anni, cinque lustri. Un tempo breve di fronte a una storia millenaria, ma infinito per Murlo, perché ha segnato un cambiamento epocale. Dal 1966, cambia tutto. È l’anno che coincide con l’inizio degli scavi a Poggio Civitate, alla ricerca delle testimonianze di una civiltà – letteralmente – sepolta da millenni. Il merito di Kyle M. Phillips è stato di aver creduto in un’intuizione di Ranuccio Bianchi Bandinelli e di Dario Neri e di averla trasformata in realtà. Da allora, gli orizzonti sono cambiati. Si è cominciato a investire su un museo, sono cresciuti la notorietà del luogo e il flusso turistico, mentre la ricerca è andata avanti arrivando a indagare persino nel sangue degli abitanti, sulle tracce di un Dna correlato con quello etrusco. Per questo, come giustamente suggerisce il titolo del libro, edito da Nuova Immagine, si è trattato di “un tempo ritrovato” ovvero di un’epoca che ha segnato la “scoperta di Murlo”, come evidenzia il sottotitolo. Murlo è grata agli archeologi che qui hanno lasciato amicizie e affetti, come Ingrid Edlund-Berry. E un ringraziamento va a un architetto con la passione per la fotografia, Göran Söderberg. Con i suoi scatti, ha consentito di ricordare nel migliore dei modi i cinquant’anni dall’inizio degli scavi di Poggio Civitate e, al contempo, di restituirci i volti degli “etruschi” di allora.
”Un tempo ritrovato: La riscoperta di Murlo”, la presentazione del libro al castello
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