IL QUADRO
– Gli sviluppi chiave sono stati la salita del rendimento decennale USA sopra il 3% e una robusta stagione degli utili a Wall Street
– In settimana focus su dati su mercato del lavoro USA, meeting Fed e Pil Area Euro
Il sell-off sui tassi nella prima parte della settimana ha portato il rendimento decennale USA sopra il 3%, un livello inviolato dal dicembre 2013, alimentando il dibattito sul se questo sviluppo possa deragliare la performance delle asset class rischiose. Queste preoccupazioni sono state nel frattempo controbilanciate da una stagione degli utili molto positiva: poco più della metà delle società dello S&P500 hanno riportato gli utili del Q1 e circa il 78% hanno battuto le aspettative, la proporzione più alta dal 2010.
FATTI STILIZZATI SULLA RELAZIONE TRA RENDIMENTI OBBLIGAZIONARI E MERCATO AZIONARIO
La rottura della soglia del 3% nel rendimento decennale governativo USA ha avviato il dibattito tipico che si scatena in occasione della rottura di un numero intero a cui viene spesso attribuito erroneamente il ruolo di soglia magica, che separa fasi del mercato ben distinte. In particolare un tema ricorrente è se questo sviluppo può avere conseguenze negative per il mercato azionario e per le attività rischiose in generale. L’ipotesi sottostante è quella dell’esistenza di una relazione negativa tra rendimenti e mercato azionario (una salita dei rendimenti/calo dei prezzi delle obbligazioni associata a un calo del mercato azionario).
In realtà la relazione è una delle più problematiche tra quelle osservabili sui mercati finanziari. La correlazione tra rendimenti e indici azionari non è stabile, cambia di segno in diverse fasi del mercato ed è condizionata da una serie di elementi ulteriori. Ad esempio, dal luglio 2016 (minimo locale dei rendimenti USA) ad oggi la relazione è stata positiva, con una salita del 10y USA di circa 165 punti base (da 1,35% all’attuale 3%) associata ad un rally dello S&P500 del 27%.
Alcuni fatti
Alcuni fatti stilizzati sulla relazione:
o La relazione è inesistente (correlazione vicina allo zero) nel lungo periodo (dal 1929)
o Il segno della relazione cambia a seconda delle diverse fasi (vedi grafico in basso)
o Dal 1998 la relazione è stata positiva (rendimenti nominali in salita -> azionario in salita)
o Una relazione più stretta (positiva) è osservabile con i rendimenti reali, ma con un effetto soglia importante (rendimenti reali superiori al 4% provocano un cambiamento di segno della relazione, che da positiva diventa negativa)
o Altri fattori rilevanti sono il livello assoluto dei rendimenti (con rendimenti bassi e in salita che non costituiscono un problema) e la velocità della salita (con rendimenti in rapida salita che possono costituire un problema)
In conclusione, una ulteriore salita dei rendimenti non è, presa in isolamento, un fattore negativo per il mercato azionario. Lo potrebbe diventare in caso di una salita troppo rapida causata magari da timori di forti pressioni inflazionistiche che causino una fase di rialzo dei tassi ufficiali più pronunciata di quanto atteso.
LA SETTIMANA
Pil Area Euro – Dopo i dati visti la settimana passata su Francia e Spagna (il primo inferiore alle attese, il secondo in linea) è il turno della prima stima del Pil per l’intera area. Il consensus si attende un incremento dello 0,4% trimestrale, solido, ma inferiore agli incrementi registrati negli scorsi trimestri. Come già argomentato nelle settimane passate, gli indicatori per il primo trimestre hanno chiaramente indicato un rallentamento del ritmo di crescita nel primo trimestre dell’anno. Nella settimana passata alcuni indicatori di fiducia hanno evidenziato una stabilità ad aprile rispetto ai livelli di marzo, dando credito all’ipotesi che il rallentamento da ritmi di crescita elevati non dovrebbe tramutarsi in qualcosa di più serio.
Mercato del lavoro USA e meeting Fed– Come ogni primo venerdì del mese, saranno rilasciati i dati sul mercato del lavoro USA che dovrebbe, nelle attese degli analisti, continuare a vedere una creazione di posti di lavoro e una discesa del tasso di disoccupazione . Di interesse anche la dinamica dei salari.
Per quanto riguarda il meeting della Fed, due elementi sono al centro dell’attenzione: la performance dell’economia, che nel primo trimestre è cresciuta del 2,3%, oltre le attese, e la dinamica dell’inflazione, recentemente più vivace, e che dovrebbe sfociare in un core PCE (il deflatore dei consumi, in uscita lunedì) che a marzo è atteso al 2% in termini annuali, raggiungendo quindi il target della Fed.