IL QUADRO
– Quella passata è stata una delle peggiori settimane degli ultimi anni per i mercati finanziari, dominata da un flusso di notizie che ha rappresentato la tempesta perfetta
– L’evoluzione della saga sulla politica commerciale USA al centro dell’attenzione, con un calendario economico piuttosto leggero ma che dovrebbe confermare il declino degli indici di fiducia nell’area euro.
Quella che ci lasciamo alle spalle è una delle peggiori settimane degli ultimi anni per i mercati azionari. Il declino dello S&P500 (-6%) è il maggiore dal gennaio 2016. La razionalizzazione (rigorosamente ex-post) di questo movimento è per una volta abbastanza semplice dal momento che il flusso di notizie ha assomigliato a una tempesta perfetta per un mercato che psicologicamente non si è mai ripreso dal volatility shock di inizio febbraio. I nuovi dazi USA contro la Cina (con qualche tentativo emerso durante il fine settimana di addolcire il colpo) si sono sommati alla catastrofica perdita di fiducia che ha colpito Facebook (Nasdaq -7,3% nella settimana, declino più marcato dall’agosto 2015) e al declino degli indici PMI nell’area euro.
Nel frattempo fonti BCE riportate da Reuters segnalano che il dibattito interno al consiglio si sta spostando sulla tempistica della prossima mossa sui tassi e che non vi è disaccordo con il sentiero per i tassi ufficiali immaginato dal mercato, inclusa la tempistica del primo rialzo per metà 2019.
INDICATORI DI FIDUCIA IN ARRETRAMENTO NEL Q1: POSSIBILI IMPLICAZIONI
C’è un che di ironico nel fatto che proprio quando la BCE percorre un’altra tappa verso l’uscita dal QE e il dibattito sulla prima mossa sui tassi acquista interesse, gli indicatori di fiducia registrano il secondo calo consecutivo. A marzo gli indici PMI per l’area euro sono usciti al di sotto delle aspettative, così come un certo numero di indicatori nazionali (ZEW e Ifo tedesco, Insee francese). Il calo di febbraio-marzo arriva all’indomani della più severa correzione dei mercati azionari vista negli ultimi anni, a cui si sono aggiunte le preoccupazioni seguenti all’introduzione delle tariffe da parte degli USA. Inoltre, secondo Markit, l’agenzia che produce gli indici, vi è qualche evidenza che le temperature rigide rispetto agli standard stagionali abbiano avuto un’influenza negativa. Le domande sono:
Stiamo vedendo i prodromi di una fase ciclica negativa? L’indice PMI composito per l’area euro è il singolo indicatore più efficiente per la stima della crescita del Pil. L’evidenza empirica suggerisce che 2-3 movimenti dell’indice nella stessa direzione permettono di ipotizzare un possibile punto di svolta ciclico. Se, dopo quello visto a febbraio e marzo, il calo persisterà ad aprile-maggio, sarà altamente probabile che questo si rifletterà in un rallentamento dell’economia nei trimestri centrali dell’anno. Tuttavia, gli indici di fiducia si trovano su livelli assoluti ancora elevati; il PMI composito (che unisce il settore manifatturiero e quello dei servizi) medio del primo trimestre è a un livello compatibile con una robusta crescita del Pil (c.a. 0,6%). E’ possibile quindi che l’implicazione sia appunto un semplice rallentamento dovuto alla combinazione di due fattori:
1. l’economia dell’area euro è cresciuta per diverso tempo ad un ritmo superiore al potenziale; l’output gap (la differenza tra crescita effettiva e potenziale) è praticamente chiuso e c’è qualche indizio che stiano emergendo “strozzature” dal lato dell’offerta
2. l’effetto ritardato dell’apprezzamento dell’euro, che comincia a scalfire la competitività delle merci prodotte nell’area, e in Germania in particolare
Questo calo ci dice qualcosa sul futuro andamento dei mercati finanziari? Picchi dell’indice PMI sono solitamente associati a un declino dello Eurostoxx, a una sottoperformance dei settori ciclici verso i difensivi e a una discesa dei rendimenti governativi. Il grafico sottostante riporta l’indice PMI e l’indice Eurostoxx. Il picco del primo a gennaio ha coinciso con il picco del secondo. Il grafico riporta anche l’indice Eurostoxx stimato mediante una semplice regressione; la differenza tra valori stimati e effettivi può in alcune fasi essere rilevante, ma è significativo come questa semplice relazione catturi abbastanza bene la direzione e i punti di svolta. In base a questa relazione lo Eurostoxx è al momento solo lievemente (circa il 3%) al di sopra del valore predetto dal PMI.
In definitiva, è possibile che il calo degli indicatori di fiducia rappresenti semplicemente la transizione da uno stato di massima velocità dell’economia dell’area euro a uno di crescita più moderata, ma senza conseguenze drammatiche per l’economia e i mercati. Tuttavia, se il calo dovesse protrarsi o accelerare nei prossimi mesi, è molto probabile che i mercati prenderanno nota e cominceranno a dubitare della sostenibilità di questo lungo rally dei mercati azionari.
LA SETTIMANA
– Fiducia e Inflazione in area euro – In uscita una serie di indicatori di fiducia per il mese di marzo che dovrebbero confermare il messaggio emerso dagli indici PMI. Di interesse anche l’inflazione di marzo in Germania, Francia e Italia.
– Inflazione USA – La misura core del deflatore dei consumi, la principale misura dell’inflazione per la Fed, è attesa all’1,6% dal 1,5% di gennaio.