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AMBIENTE ed ENERGIA

Riduzione del rischio fluviale, WWF: rallentamento dei flussi, casse di espansione e manutenzione puntuale

16 Novembre 20163 minuti di lettura
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ombrone-fiume650“Le esondazioni della settimana scorsa hanno riportato all’attenzione dei cittadini e delle amministrazioni la questione della sicurezza idraulica legata al nostro reticolo idrografico. Sul tema il WWF ha un’idea precisa, basata su fondate considerazioni di carattere tecnico-scientifico, che mal si conciliano con l’approccio emotivo che può comprensibilmente scaturire di fronte a fenomeni piovosi di carattere eccezionale, come quelli appena accaduti.

Come riconosciuto dai più moderni orientamenti, l’unico approccio alla gestione fluviale volto a mitigare il rischio idraulico, che sia al contempo efficace e sostenibile, è quello di rallentare il flusso delle acque convogliate verso i corsi d’acqua principali, limitando l’intensità dei picchi di piena, progettando casse di espansione e fasce di mobilità fluviale, operando con interventi di manutenzione puntuale ed infine predisponendo piani di emergenza di protezione civile.

La manutenzione puntuale deve essere orientata alla gestione (e miglioramento) dei manufatti artificiali intercettati dai corsi d’acqua, limitando gli interventi di taglio della vegetazione alla rimozione delle alberature non funzionali, morte, o debolmente radicate, che possano comportare eventuali fenomeni di occlusione a valle, in corrispondenza di sezioni idrauliche critiche prossime a insediamenti da tutelare.

La vegetazione fluviale autoctona è un alleato naturale ineguagliabile per il consolidamento delle sponde e il rallentamento del deflusso, rappresentando al contempo un indispensabile elemento degli habitat acquatici e della loro capacità di depurare le acque. Non a caso la struttura e la buona salute della vegetazione riparia sono fra gli indicatori europei utilizzati per “misurare” la qualità dei corsi d’acqua.

Rispetto alle opere artificiali di ingegneria civile, ben più rigide e tali da contribuire alla indesiderata velocizzazione della corrente, le recenti norme e indirizzi prescrivono di adottare prioritariamente opere difensive di ingegneria naturalistica, anche allo scopo di rimediare alla distruzione degli habitat operata nel passato. Fra queste opere difensive, per chiarire, vi è anche l’introduzione mirata di salici al piede delle sponde.

La qualità dell’approccio tecnico alla manutenzione fluviale deve essere tanto maggiore quanto più è alto il valore naturalistico e paesaggistico dei territori in gestione. Dimenticarlo significa commettere un imperdonabile delitto culturale, che ci riporta indietro di 50 anni.

E’ di pochi giorni fa l’ultimo report mondiale del WWF che denuncia la situazione in cui stiamo riducendo la biodiversità del nostro pianeta. Secondo i dati più recenti le popolazioni globali di pesci, uccelli, mammiferi, anfibi e rettili si sono ridotte del 58% tra il 1970 e il 2012. Continuando con il trend attuale entro il 2020 la popolazione globale di specie animali e vegetali selvatici raggiungerà il crollo del 67%, e con loro pure i ‘servizi’ ecosistemici che la natura ci fornisce quotidianamente, come la purificazione dell’aria, dell’acqua, il cibo e la difesa dai cambiamenti climatici. Ritenersi non investiti dal problema, pur nell’ambito del nostro territorio, è un ingiustificato privilegio per pochi, che pagheremo tutti a caro prezzo.

Gli interventi effettuati in questi anni sulla vegetazione dei nostri fiumi stanno facendo vedere già i loro effetti in termini di qualità ambientale e biodiversità: laddove c’erano boschi di salici e pioppi di buona qualità, oggi dopo i tagli a raso ricrescono rovi, e si espandono la robinia e l’ailanto, specie aliene infestanti e pericolose per la stessa sicurezza delle sponde.

Per rallentare e invertire questa tendenza pericolosa per lo stesso benessere dell’uomo, bisogna cominciare dai territorio e dai contesti ove il rapporto uomo-ambiente è culturalmente e materialmente in stretta relazione, com’è nel territorio senese, che proprio per questo ci viene invidiato da tutto il mondo. Non possiamo perdere in pochi anni il patrimonio costruito in secoli di storia, a causa di una mal posta e fuorviante visione della gestione fluviale, per di più con dubbio fondamento tecnico-scientifico e scarsa trasparenza”.

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