rappresentata dall’assessore alla sicurezza e cultura della legalità, Vittorio Bugli, dal viceministro per le Politiche agricole Andrea Olivero, con delega in materia di agromafie e dai sindaci dei Comuni di Monteroni d’Arbia Gabriele Berni e di Murlo, Fabiola Parenti, sui cui territori ricade la tenuta e che da oggi ne sono gli assegnatari designati.
Il protocollo, che dura cinque anni ed è rinnovabile, prevede che Suvignano sia oggetto di un progetto pilota di agricoltura sociale, un modello innovativo di impresa per la gestione dei beni confiscati alla criminalità, che potrà rappresentare il prototipo per altri interventi di questo tipo in Italia.
Tra gli elementi fondanti figurano infatti la dimensione etica e sociale, il perseguimento di obiettivi occupazionali e di inserimento s ociale, la sostenibilità economica, ambientale e sociale, il coinvolgimento delle reti locali, la promozione degli aspetti educativi. Ma come verrà riconvertita la struttura? Nel suo futuro c’é un’impresa agricola gestita preferibilmente da un sistema cooperativo in grado di realizzarvi un polo produttivo, di allevamento e di trasformazione con allevamenti di ovini e suini, un caseificio, un laboratorio per la lavorazione delle carni, ma anche allevamenti di cavalli, capre ed asini. La produzione agricola sarà mista: vino, olio, ma anche orzo destinato ad alimentare un birrificio locale, farro per u a corretta rotazione biologica e ortofrutta da lavorare e confezionate sul posto e da vendere sia alla grande distribuzione sia attraverso la filiera corta e i mercati alternativi come i Gas (gruppi di acquisto solidale) o i farmers market o all’interno del punto vendita aziendale che sarà aperto nella ex cantina.
Suvignano diventerà anche un polo agrituristico. I posti letto passeranno infatti dagli attuali 38 a 65 con pensione completa. Sarà insomma un’azienda agricola multifunzionale, in grado di produrre lavoro e utili, e di offrire nuovi servizi proponendosi anche come polo ricreativo e didattico grazie al previsto museo simbolo dei beni confiscati alle mafie, un centro per l’organizzazione di eventi, un laboratorio didattico e per la sperimentazione delle colture e in ultimo un’attività faunistica venatoria che utilizzi i 260 ettari che ricadono in ambito faunistico venatorio e almeno un paio dei laghetti presenti nella proprietà per la pesca sportiva.
L’accordo affida il monitoraggio ed il controllo su Suvignano al tavolo tecnico che è stato istituito e che è composto da un rappresentante ciascuno per il Ministero, la Regione e i, Comune di Murlo, e da tre rappresentanti che saranno nominati dal Comune di Monteroni d’Arbia sul cui territorio insiste la maggior parte della tenuta.
“Undici anni sono molti, troppi, ma oggi è un giorno importante per Suvignano, per tutti coloro che si sono impegnati per raggiungere questo obiettivo, e per una Toscana che vuole essere libera dalle mafie. Abbiamo un progetto pilota e che mi auguro sia di riferimento per l’assegnazione e l’utilizzo sociale, ed in tempi più rapidi, di tutti i beni sottratti alla criminalità”. È grande la soddisfazione del presidente della Regione, Enrico Rossi, per la firma che la Regione ha messo oggi a Roma.
“Un grazie – aggiunge Rossi – al prefetto Vincenzo Postiglione, da un anno e mezzo alla guida dell’Agenzia che si occupa dei beni sottratti alle mafie, che è riuscito a portare finalmente a termine questa operazione. Un lavoro che mi auguro sia di buon auspicio per arrivare a raggiungere lo stesso risultato anche per tutti gli altri beni in attesa di assegnazione, che in Toscana sono circa 170.
Ringrazio anche gli enti locali, protagonisti di quella strategia della condivisione e dell’unità tra istituzioni e società civile che è il segreto di successi come questo. Auguri e buon lavoro a chi curerà Suvignano. Quando sarà il momento ci tornerò per far sentire la vicinanza di tutta la Toscana”.
“Con il protocollo firmato oggi si creano le condizioni perché l’Agenzia dei Beni Confiscati possa trasferire l’azienda di Suvignano in buone mani e certa che vi è un impegno dei firmatari per definire un progetto di gestione con forte impronta sociale e compatibile dal punto di vista della sostenibilità economica. Ciò è stato possibile grazie all’impegno del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, della Regione e dei Comuni. Adesso rimaniamo in attesa dell’atto finale con il passaggio dell’azienda ai comuni di Monteroni d’Arbia e Murlo. Quello di oggi è un passaggio fondamentale perché tale atto possa finalmente essere fatto e la tenuta di Suvignano possa iniziare un nuovo futuro fatto di impegno sociale, collaborazione istituzionale, occupazione, gestione condivisa. Oggi è davvero un bel passo avanti per Suvignano e per la Toscana della legalità”. E’ con queste parole che l’assessore regionale alla presidenza e alla sicurezza e legalità, Vittorio Bugli, ha salutato la firma.
“Speriamo in tempi rapidi per l’assegnazione in modo da mettersi al lavoro – ha precisato Bugli – insieme agli enti locali per dare nuova vita a questo splendido angolo di Toscana seguendo le linee del protocollo e attuando un progetto davvero innovativo e coinvolgente. Ringrazio il prefetto Vincenzo Postiglione, direttore dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità mafiosa, per avere seguito tutti i passaggi insieme a noi e sono certo che adesso metterà lo stesso impegno per compiere l’atto finale. Un grazie anche a tutti coloro che in questi anni hanno lavorato per raggiungere questo obiettivo”.
Suvignano sottratto alla mafia: una storia iniziata con il sequestro di Giovanni Falcone
Ecco, in sintesi, la storia ed i numeri della tenuta agricola di Suvignano, 703 ettari situati in provincia di Siena, nei comuni di Monteroni d’Arbia e di Murlo.
La tenuta di Suvignano faceva parte del patrimonio del costruttore siciliano Vincenzo Piazza amministrato dall’immobiliare Strasburgo.
Acquistata fra la fine degli anni settanta e l’inizio degli ottanta dal costruttore palermitano, l’azienda, diventa il simbolo di quell’idea che è alla base dell’azione antimafia.
Fu sequestra una prima volta nel 1983 da Giovanni Falcone che sospettava rapporti dell’imprenditore con Cosa Nostra. Successivamente tornò in possesso di Piazza. Tra il 1994 e il 1996, con il suo arresto per associazione mafiosa, avvenuto proprio a Suvignano, i magistrati siciliani gli sequestrarono beni per 2.000 miliardi di lire, affidandoli a un amministratore giudiziario.
Nel 2007, quando la sua condanna è passata in giudicato, tutti i suoi beni sono stati definitivamente confiscati. Con essi anche Suvignano che da 11 anni era in attesa di trovare una destinazione.
Fino ad oggi l’azienda, guidata dal 1993 da un amministratore giudiziario, ha avuto una gestione sostanzialmente conservativa.
Ricade per 685 ettari nel Comune di Monteroni e per quasi 18 in quello di Murlo. Sono in zone prevalentemente collinari (80% contro il 20% di pianeggianti) destinate a seminario per 527 ettari, con 78 ettari di bosco, 69 incolti, 19 a imboschimento, 4,8 ad uliveto e 3,3 a pascolo. Per circa 260 ettari ricade all’interno di un’azienda faunistico venatoria.
L’azienda dispone di una notevole quantità di acqua grazie a corsi d’acqua e laghi artificiali. All’interno del corpo aziendale sono presenti 17 case coloniche che hanno una superficie complessiva di 11.600 metri quadrati e magazzini per 9.370 metri quadrati.
La funzione agrituristica è attualmente svolta nelle strutture “Tinaio” e “Podere S. Stefano” per 38 posti letto complessivi.