Sul palco l’attrice Chiara Savoi, i mimi Laura Gibertini e Matteo Casamonti. Musica dal vivo: Angela Maggi (violino), Stefano Tigli (chitarra e percussioni), Giovanni De Rubertis (fiarmonica).
Lo spettacolo, è stato voluto dall’Assessorato alla Cultura e da quello alle Pari opportunità del Comune, in collaborazione con la Proloco e l’associazione Piano scenico, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne (25 novembre) ricorrenza istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Allo stesso tempo, questa data è l’inizio dei “16 giorni di attivismo contro la violenza di genere” che precedono la Giornata mondiale dei diritti umani il 10 dicembre di ogni anno. «Questo è un modo non banale – afferma l’assessore Roberta Sancasciani – per riflettere su un problema che riguarda le donne ad ogni latitudine,e che ogni giorno riempe le cronache dei giornali».
Significativa, la vicenda narrata: quella di Gulia Tofana, figlia di quella Tofana D’Adamo, giustiziata a Palermo 12 luglio 1633 con l’accusa di aver avvelenato il marito Francesco. Se Giulia fosse stata proprio la figlia di Tofana, potrebbe spiegarsi così l’apprendimento delle prime nozioni sui veleni come appunto l’acqua tofana da lei inventata, veleno incolore, inodore e insapore ma altamente tossico, capace nel giro di pochi giorni di provocare una morte naturale, che vendette principalmente a donne intrappolate in matrimoni violenti trascinando in questa attività anche sua figlia (o sorella) Girolama Spera.
Dopo un po’ di anni una cliente della donna, la contessa di Ceri, per liberarsi del marito, utilizzò tutto il liquido della boccetta contenente il veleno, smuovendo i sospetti dei parenti del defunto. Le indagini condussero a Giulia Tofana, la quale venne imprigionata e torturata, ammettendo di aver venduto, soprattutto a Roma, durante il periodo della peste (cosa che rendeva ancora più difficile identificare gli avvelenamenti), boccette sufficienti ad uccidere 600 persone. Il 5 luglio 1659 fu condannata e giustiziata a Campo de’ Fiori, insieme a Roma, insieme alla figlia (o sorella) e ad altre tre donne ritenute colpevoli di aver avvelenato i propri mariti.